Nexus – Firesound recensione.

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Certe cose io proprio non le concepisco… Mi trovo tra le mani un digipack degno delle produzioni internazionali più fighe, curatissimo nella grafica, nelle titolazioni, nelle foto. Il digipack si apre “a croce” mostrando le fotografie dei componenti della band e due adesivi promozionali. Uno è più che invogliato all’ascolto, uno si presenta al suo lettore CD e lo ingozza del dischetto argentato (dalla grafica strepitosa, peraltro) uno si aspetta anche una produzione adeguata, come dire, la ciccia degna della confezione. E invece no. Ed è un peccato! Il suono è pessimo, ma la musica buona… come si fa a gestire queste due cose in una recensione per una testata (www.music-on-tnt.com) figlia/sorella di quella tnt-audio che è la rivista di audiofilia online più letta in Italia e non solo? Direi che si penserò dopo… intanto concentriamoci sulla musica…

Non sono musicisti di primo pelo questi Nexus, non lo sono negli ascolti, nel gusto degli arrangiamenti, non lo sono nella composizione. E’ una pellicciaccia grezza, sporca ed arruffata, ed i ragazzi sanno comunicare energia, davvero difficile rimanere col sedere fermo sulla sedia, ed assaporo il momento in cui li vedrò dal vivo. Hanno una storia alle spalle, fatta di cambi di formazione e, in parte, anche di genere, di fregature da parte delle case discografiche, di una prima prova registrata, buon disco spiccatamente stoner, intriso di polvere ed asfalto. E questo si presenta come il lavoro definitivo. O almeno il PRIMO lavoro definitivo.

Dall’iniziale Vampire Empire entriamo in un mondo di rock’n roll che deve molto alla California ed al cantautorato alla Mark Lanegan, al post/stoner alla Queens of the Stone Age. Do It! dovrebbe essere il singolo scelto per spingere l’album, ma è la successiva Heavy Rotation che con i suoi ritmi spezzati, sia nel lavoro della batteria che nelle liriche, tira tira tira e rimane in testa come una vite nel cervello. Qui viene alla luce un’altra caratteristica di questi Nexus, ovvero i cori un po’ sbracati, ma assolutamente ben studiati nelle armonizzazioni, mai “buttati là”, efficaci.

In El Cigarillo i ragazzi sono riusciti ad avere come ospite niente popò di meno che Bobby Solo che, narra la leggenda, si aggirava per gli studi di registrazione durante le session per questo lavoro. Bello ed azzeccato il brano, ispirato Bobby.

Altre perle sono sicuramente Tortellini in Brodway, Hate the city, Bombing Teheran, che se l’avessero tra le mani i Groove Armada chissà cosa ne farebbero, Not Wise, in cui è il batterista Mackie a cantare, (e ci sembra davvero di sentire Lanegan…) mentre nella conclusiva El Nino pt.2 affiorano i Mars Volta, con rispetto parlando…

Che vogliamo dire di questo disco? Che è bello, energetico, composto molto bene, rock’n roll sanguigno e grezzo che si permette il lusso di andare ben oltre i canonici tre accordi. Un barbone alcolizzato che beve brandy invecchiato trent’anni… capito il contrasto? Inoltre come negare che i quattro ragazzi veronesi abbiano il fascino ed carisma per piazzarsi in quella fetta di mercato stanco di prodotti troppo patinati in cui il rock italiano (e non solo) viene truccato, parruccato e svenduto in una confezione di chitarre distorte ed ammiccamenti adolescenziali?

Ma alla registrazione di questo disco diamo molto meno della sufficienza. La registrazione è davvero pessima, alte frequenze tagliate di brutto, tanto che si ha l’impressione di ascoltare un disco in auto di ritorno da un concerto dall’impegnativa pressione sonora (chiaro il concetto, no?) suoni impastati, batteria ipercompressa, il basso molto spesso è una sabbia mobile in cui tutto sprofonda, senza definizione e nervo… male molto male. Ela cosa triste è che tra le mille recensioni che si leggono in giro, molte sperticatemente lodanti, altre più caute, in nessuna viene messo in risalto questo fatto. O sono sordi loro, o lo sono io.

Qui ragazzi non si tratta di registrare un disco e bearsi di una rigida regola lo/fi, perchè queste sono tutte cazzate, lasciate che ve lo dica. Nessun disco storicamente lo/fi suona come un demo, a meno che non fosse un demo… insomma, se è una scelta stilistica, non l’approvo, e se è un problema di soldi… non ditemi che registrare costa! Lo so anche io, ma se c’erano i soldi per una confezione come quella che ho tra le mani, un po’ di più si poteva fare per avere abbastanza tempo per missaggio e mastering! Insomma zero pupazzetti per la qualità sonora e quattro per quella della musica. E vi aspetto al varco dal vivo.