Natrium “Elegy for the flash”, recensione
Il natrium, comunemente detto sodio, è un metallo alcalino che ha la tendenza ad unirsi con altri elementi e formare i cosiddetti composti. Così come l’elemento chimico, i Natrium, death band cagliaritana, riesce a formare un composito (musicale) di buon impatto, all’interno di quell’area che viaggia attorno al metal, inteso nella sua più ampia accezione.
Proprio da qui parte il nuovo Elegy for the flash, full lenght che rasenta un certo tipo di brutalità compositiva, senza trascendere in territori eccessivamente disgorgiani, mantenendo però vive le vecchie tradizioni del Tampa style.
Il quintetto, dopo alcuni extended played, arriva al debut anche grazie alla sapienza organizzativa della The Spew Records, il cui catalogo si sta sempre più impreziosendo.
Il platter dei Natium, ancor prima di alimentare le nostre orecchie, riesce ad introiettare la propria cupa e gorgorotica atmosfera grazie ad una splendida cover art curata da Par Olofsson, geniale maestro grafico, in grado di definire i dettagli dell’incubo narrato dal songwriting. Il booklet, che forse avrebbe meritato un approfondimento stilistico, nel suo interno racconta otto tracce d’espressività ferina, di un mondo traumatizzato da un‘estremizzazione biologica, che nel racconto di Lorenzo Orrù, appare causa della trasformazione di un uomo perduto, che oramai è poco più che una macchina. Le sonorità chiuse, crude e distorte colpiscono inseguendo un tecnobrutal capace di alimentare l’immaginifico dell’ascoltatore, attraversando atroci dimensioni voivodiane ed incantate nebule di buio. Esempio chiaro degli intenti sonori è proprio Memetic Infection, in cui il magnifico lavoro di drumming dirige un growling non sempre impeccabile, ma piuttosto convincente tra stop and go.
Sono poi le medesime malate radici del brano ad infettare la partitura tra distorsioni ed estremizzazioni sonore che approdano a Sarin Benison. Quest’ultima traccia rappresenta uno tra i migliori episodi del disco, con il suo potente ed efficace riff che a tratti sembra volersi appoggiare ad auree industriali, tra corde morbose e disperse. I veloci e rabbiosi 30 minuti di quest’opera ci accolgono gradatamente in un nebuloso e cupo outro di chiusura, che finisce per appoggiarsi alle migliaia di corpi pietrificati che giacciono sfigurati su di un songwriting d’impatto.
Il continuum narrativo si concretizza prima con Ravenous Theophagists, ben sorretta da brevi solos e poi con la bradburiana Allograft Harvesting. Tra cambi di direzione e intarsi sampler all’angoscia ipnotica si aggiunge poi l’atrocità di Clinical Savagery, che definisce un disco per gli amanti del genere.
Chi ama l’estremità musicale del metal dovrà accogliere senza troppi dubbi Elegy for the flash…per il quale non ci sarà …nessuna anestesia! Nessuna possibilità di chiudere la porta su questo inferno in terra. Una volta entrati in questo incubo non avrete nessuna possibilità di uscire dalla futurista e macabra visione di un domani orrorifico.
Tracklist
Elegy For The Flesh
Memetic Infection
Breastfed with Mendacity
Sarin Benison
Ravenous Theophaghist
Allograft Harvesting
Clinical Savagery
Plastinated Birth