N_Sambo “Argonauta”, recensione

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Ascoltiamo musica da una vita, per passione e per lavoro: adesso siamo un’etichetta discografica Crediamo che produrre un bel disco sia un po’ come fare un buon cappuccino: servono ottimi ingredienti, strumenti appropriati, professionalità e arte.

Ecco come si presenta la Cappuccino Records, creatura nostrana di Nicola Fantozzi e Federico Melosi, dedita al mondo vinilico al servizio di una musicalità che va oltre i confini del semplice concetto di “Genere”.

Proprio tra le pieghe di questo nuovo mondo, ritroviamo Argonauta un’interessante release, realizzata in sinergia con la ormai storica Urtovox. Un opera eccentrica ed eclettica, dietro la quale si nasconde N_Sambo, valente artista altronico giunto alla terza opera, in cui confluiscono effluvi elettronici, sintetici ed onirici. Un progetto musicale pretenzioso, ma al contempo rafforzato dalle idee da cui scaturisce, pronto a sviluppare sonorità inusuali tra synth, programmazione ed hang, al servizio di un pattern formale e di una miscela curiosa, pronta ad abbracciare sax, drum set, organo e chitarra.
Un viaggio surreale attraverso personaggi astratti, pronti a popolare le fila di un riuscito concept album, delicato nelle sue partiture e sognante nelle sue liriche visionarie, poste all’interno di un ciclo vitale melanconico e a tratti psichedelico.

I pochi secondi di Lancio ci inducono alla sognate partenza verso un viaggio, per certi verso lisergico ed inquieto, che ci invita attraverso il nero occludente di Argonauta in un’assenza metaforica di gravità, attraverso un ermetismo oscuro e visionario, giochi ambient che travalicano sensazioni sintetiche e intuizioni minimal space. Una trivio di Nuove atmosfere che si evidenzia attraverso gli sguardi classicheggianti e quintorighiani, innestati in un animosità descrittiva intesa ed osservativa che (ri)definisce un’originale cornice altrernativa.

Attraverso il seventies taste di Milky Way, arriviamo poi a similitudini pinkfloydiane con Nella rete , le cui semplici toniche aprono ad una linea di cantato oscuro e claustrofobico che si inerpica al consumo di un delizioso incontro .

Il disco, sembra voler studiare nuove metodologie comunicative attraverso cripto- reverse, sensazioni curiosamente Fanfarlo e respiri cantautorati, in grado di porsi in unione con intarsi rumoristici controllati e ben bilanciato dalla compostezza dell’operato vocale.

Un disco che delinea alla perfezione l’arte espressiva di Nicola Sambo, abile cantore di note divergenti e convergenti, che riescono a chiudere nel proprio essere quella sensazione di necessaria e fisiologica evasione.
Un’originale alienazione necessaria da un mondo a tratti fuorviante.