Mussorgsky – Quadri di un’esposizione
Il fattore scatenante di questa recensione è stato il venire in possesso del cd di Nami Ejiri. La mia prima reazione è stata di sorpresa. Perché mai questa ragazza, alla sua prima incisione va a cimentarsi con un mostro sacro della letteratura per pianoforte, amato dai più grandi pianisti del novecento, che conta già interpretazioni divenute leggendarie?
È vero che la difficoltà tecnica di alcuni brani può essere molto stimolante per una pianista giovane che vuole dimostrare la propria bravura, ma basterà questo a proporsi come interprete di un brano della letteratura pianistica tanto conosciuto e frequentato?
Così, stimolato dall’audacia di questa giovane, ho fatto alcuni giorni di full immersion nei Quadri di Mussorgsky.
Intanto cominciamo a dire che, questa che quella per pianoforte è la versione autentica dei Quadri di un’esposizione ma è anche la meno conosciuta dal grande pubblico. Scritta nel 1873 questa partitura acquistò, infatti, la grande notorietà di cui gode soprattutto grazie alla rutilante trascrizione per orchestra che ne fece Maurice Ravel nel 1922. Curioso destino quello di Mussorgsky, condannato per tutta la vita a fare il “dilettante”, privo di una vera preparazione professionale e destinato ad essere sempre “trascritto” o “corretto”, per vezzo o per necessità.
Questa composizione, ispirata alle opere pittoriche dell’architetto Viktor Hartmann, amico intimo di Mussorgsky, si compone di dieci quadri e cinque “promenades”. Di seguito provo a fornire l’ordine di esecuzione ed una stringatissima descrizione del brano.
· Promenade,
· I – Gnomus: l’opera originale di Hartmann era uno gnomo dalle fattezze irregolari intagliato nel legno,
· Promenade,
· II – Il vecchio castello: l’immagine raffigura un trovatore nell’atto di cantare davanti alle mura di un castello medievale,
· Promenade,
· III – Tuileries: schizzi di bambini che giocano nei giardini delle Tuileries,
· IV – Bydlo: si tratta della descrizione dello schizzo di un pesante carro trainato da buoi in uso in Polonia,
· Promenade,
· V – Il balletto dei pulcini nei loro gusci: si tratta di schizzi per un balletto, i ballerini indossano un travestimento da pulcino che esce dall’uovo,
· VI – Samuel Goldenberg e Schmuyle: corrisponde a diversi disegni e schizzi, Mussorgsky immagina una situazione in cui un ebreo ricco ed arrogante ascolta la supplica di un ebreo povero,
· Promenade,
· VII – Limoges contadine che ciacolano nella piazza del mercato di Limoges,
· VIII – Catacombae una visita all’interno delle catacombe di Parigi,
· Cum mortuis in lingua mortua (Promenade),
· IX – La capanna con zampe di gallina rappresenta Baba Yaga, una strega che vive in una capanna a forma di orologio a cucù sorretto da zampe di gallina,
· X – La grande porta di Kiev lineamenti maestosi della grande porta della città, suoni di campane. Un tema assai prossimo a quello delle Promenades ed in cui è presente il carattere nazionale della musica russa, che acquista una solennità tale da concludere in apoteosi il ciclo.
Per la full immersion ho avuto a disposizione due indiscusse versioni storiche, e tre versioni moderne; eccole:
* Vladimir Horowitz live dalla Carnegie Hall, 23 aprile 1951, RCA, mono
* Svjatoslav Richter live Sofia, 1959, Philips, mono
* Michele Campanella, studio 1989, Nuova Era
* Ivo Pogorelich, studio, 1995, DG
* Nami Ejiri, studio, 2001, Real Sound
Osservo che ponendo le cinque interpretazioni in ordine di data di incisione si ottiene anche l’ordine delle età che gli interpreti avevano al momento delle registrazione, quasi come a dire che più passa il tempo più si tende a bruciare le tappe. Comunque ecco l’elenco delle età:1951 Horowitz a 47 anni, 1959 Richter a 44 anni, 1989 Campanella a 42 anni, 1995 Pogorelich a 37 anni , 2001 Ejiiri a 28 anni.
Horowitz, il poeta, l’ultimo dei romantici dà un’interpretazione luminosa, a tratti ricca di humor, come in Bydlo. Peccato che anche lui abbia provveduto a “migliorare” Mussorgsky modificando la partitura secondo alcune sue proprie idee interpretative. Elimina la Promenade che precede il quadro di Limoges (come Ravel), poi modifica completamente il finale per renderlo più maestoso, modifica la ripetizione del tema del balletto dei pulcini innalzandola d’un’ottava ecc… L’effetto finale è comunque veramente straordinario, al di là di atteggiamenti integralisti di chi, come me, vorrebbe che i risultati interpretativi fossero raggiunti dall’interno della partitura e non riscrivendosela, Horowitz realizza una versione veramente irrinunciabile di questo brano.
Richter offre una visione lucida e delirante, istrionica. Alcuni episodi hanno in sé qualcosa di sconvolgente come le visioni cubiste del balletto dei pulcini nei loro gusci, la devastante dinamica utilizzata per descrivere i movimenti del carro in Bydlo, o lo humor di Limoges per giungere poi, in crescendo alla parte finale dove Catacombae è semplicemente magico, Baba Yaga è furioso e diabolico, e dove il finale con “La grande porta di Kiev” diventa la celebrazione della grande anima russa così come abbiamo imparato a conoscerla negli scritti di Dostoevskij, Tolstoi, Gogol e tutti gli altri scrittori russi che hanno contribuito a rendere grande la letteratura dell’ottocento. Peccato che l’incisione, già non ottimale, sia penalizzata da un pubblico divenuto famoso per … i colpi di tosse con cui ha avuto modo di sottolineare ogni momento dell’esecuzione, sono qualcosa di incredibile per frequenza e intensità. Alcuni pianisti, in questa situazione avrebbero dato in escandescenze, Richter ci regala un capolavoro interpretativo probabilmente ancora ineguagliato. Questo la dice lunga soprattutto sul livello di concentrazione di certi interpreti.
Quando uscì il disco di Pogorelich, mi pare di ricordare che fu accolto positivamente dalla critica. Che dire? Sarà che, dopo aver recentemente ascoltato il sacrilegio compiuto sull’op.111 di Beethoven (però all’epoca dell’incisione aveva solo 24 anni!), ormai sono prevenuto, ma trovo che questo straordinario e dotatissimo artista si limiti a grattare la superficie del brano eseguito e che sia preoccupato soprattutto dall’interpretazione di sé stesso. Ci sono vertiginose dimostrazioni di tecnica pianistica (Limoges, Balletto dei pulcini…) ma ci sono anche: l’ enfasi declamatoria (La grande porta di Kiev), i patetismi inutili (Samuel Goldenberg…), il martellamento effettistico del basso (Bydlo); in Cum mortuis in lingua mortua poi, per accentuarne la drammaticità, lavora così tanto di pedale che sembra di ascoltare il Klavierstück Num. VII di Stockhausen. Mah! Insomma Pogorelich vuole a tutti i costi stupire, per far questo sfodera tutto un repertorio di effetti che domina con capacità non comuni; ma è un egocentrico ed esegue Mussorgsky interpretando l’idea che la gente dovrebbe farsi di Pogorelich attraverso la sua esecuzione di Mussorgsky.
Ben diverso, e migliore, è Michele Campanella, pianista affermato e grande interprete di Liszt. Campanella è maturo, corretto e misurato. Non sempre tocca il cuore, ascoltandolo mi mancano le vette visionarie di un Richter e gli slanci sentimentali di un Horowitz, ma le Promenades, Bydlo e i brani di agilità, come Limoges, sono magistrali, il finale poi conosce un crescendo entusiasmante. Una versione molto elegante, forse un po’ troppo controllata. Bellissima la registrazione.
La Ejiri è una piacevole sorpresa, il tempo vola mentre questa giovane pianista supera con sicurezza e compiacimento tutte le asperità tecniche, la sua visione è audace, ingenua, luminosa e ci fa giungere al termine dell’ascolto senza attimi di stanchezza. L’interpretazione è, so di dire un’ovvietà, giovane e femminile, questo le dona una freschezza sconosciuta. Certamente si nota una certa mancanza di incisività quando si tratta di sottolineare caratteri complessi, come nel caso del brano sui due ebrei (Samuel Goldenberg e Schmuyle) dove conta più l’esperienza di vita che l’abilità tecnica o quando si tratta di tirare fuori l’anima russa, come nel finale, bello sì, ma a patto di non avere nelle orecchie le versioni di Richter e di Campanella (Horowitz è fuori competizione perché suona un’altra cosa). Il risultato complessivo ottenuto da Nami Ejiri è comunque valido, aiutata in questo anche da una registrazione d’un realismo impressionante.
Adesso che dire dopo questa indigestione di Quadri? Che sto pensando di procurarmi anche le esecuzioni di Brendel e Ashkenazy, dentro di me immagino già l’umorismo di Brendel applicato a Limoges e Bydlo e il suono maestoso di Ashkenazy applicato alla Grande porta di Kiev e penso che non potrò a lungo resistere senza ascoltarli.
Altri cd presi in esame:
Vladimir Horowitz RCA 1951 (live, mono)
Svjatoslav Richter PHILIPS 1959 (live, mono)
Ivo Pogorelich DG 1995
Michele Campanella NUOVA ERA 1989