Mozart – concerto per pianoforte e orchestra k488
Wolfgang Amadeus Mozart fu un vero uomo-musica, nacque il 27 gennaio 1756, morì il 5 dicembre 1791, prima di compiere i 36 anni. La musica fu dentro di lui dal primo all’ultimo respiro, il suo Minuetto K1 è del 1761 (cinque anni), la prima sinfonia K16 è del 1764 (otto anni), l’ultima composizione (il Requiem K626) legata ad inquietanti leggende, rimase incompiuta alla sua morte. La musica era in lui, lui era la Musica, i suoi biografi citano l’esempio di manoscritti che non portano segni di cancellatura quasi come se avesse racchiusi nella sua testa interi mondi musicali in attesa di emergere attraverso la semplice (?) trasposizione su carta, un uomo che pensava in musica probabilmente come noi pensiamo in parole e immagini.
Un Genio che ebbe una vita che non gli possiamo proprio invidiare, che morì in povertà ad un’età in cui il resto dei musicisti, con alcune rare eccezioni, cominciava appena a maturare e che, infine, ha saputo imprimere a moltissima della sua musica un carattere di suprema leggerezza che non fa proprio trasparire i problemi della sua esistenza, quasi come se la vita “materiale” fosse altra cosa rispetto al mondo della Musica.
È già una cosa straordinaria.
Mozart vanta un catalogo di oltre 600 opere per la maggior parte numerate da K1 a K626 dove la K è l’iniziale del cognome di Ludwig Alois Friedrich von Köckel (1800-1877) curatore della prima versione dell’Opera Omnia del compositore pubblicato nel 1862. Anche se in seguito molti altri si sono dedicati all’impresa di chiarificarne i punti oscuri, organizzare le nuove attribuzioni pubblicandone sinora, credo, sei revisioni, l’ultima delle quali è del 1964, la K rimane come segno distintivo del catalogo mozartiano.
Nel suo catalogo completo ci sono ventisette concerti per pianoforte e orchestra e, se si escludono i primi quattro che completò nel 1767 a undici anni (!) ma che sono rielaborazioni di sonate di altri autori, gli altri sarebbero tutti da conoscere (privilegiando, ovviamente, gli ultimi, quelli degli anni più maturi) perché in ognuno di essi Mozart ha raccontato qualcosa di unico, magnifico e irripetibile.
Prendiamo questo concerto K488, è il ventitreesimo di ventisette, composto nel 1786, l’anno delle “Nozze di Figaro” ed è una pagina luminosa piena di deliziosi temi e chiacchiericci tra l’orchestra e il pianoforte in quell’inconfondibile stile tra il galante, l’umoristico e il drammatico che caratterizza tanta della musica di questo grandissimo autore.
Un concerto unanimemente considerato tra i più belli di Mozart e, quindi, dell’intera letteratura pianistica, che costò al compositore un’elaborazione problematica, con pentimenti e rifacimenti, a differenza di molte altre sue pagine, cosa che non gli impedì, nello stesso mese (marzo 1786) di scrivere anche un altro grande concerto per pianoforte (K491) e nello stesso tempo di lavorare alle “Nozze di Figaro” che avrebbe rappresentato, sempre a Vienna, di lì a pochi mesi.
Il concerto, dicevamo fa parte del gruppo dei maggiori concerti mozartiani. Si tratta di una pagina assai elaborata, composta di temi indimenticabili, di quelli che, se li ascoltate la mattina prima di andare al lavoro vi si stampano nella mente e vi risuonano per tutto il giorno nella testa, rischiarando con un raggio di sole anche la più funesta delle giornate.
Intanto la tonalità principale, il La maggiore, che illumina il primo ed il terzo movimento: per Mozart la tonalità della gioia, di una gioia “che ha una forza d’irradiazione non esteriore … ma intima.” (Greither – Mozart – Einaudi 1968).
Il primo movimento, in cui l’intervento del pianoforte è preceduto da un lungo preludio orchestrale, si srotola come una giornata di festa trascorsa in famiglia, e con gli amici: abbiamo festeggiato, rafforzato antichi legami e siamo sereni. Poi viene la notte e si affacciano pensieri cupi, siamo svegli al buio a fissare un punto del soffitto siamo preoccupati per qualcosa che già si preannunciava verso la fine della serata: un amore non corrisposto? Un debito? Un problema sul lavoro? Rappresentati dal tema di un Adagio per il quale Mozart sceglie il fa diesis minore, la relativa del la maggiore, una tonalità inusuale con cui comunica un senso di inquietudine dolente e di mistero. Una notte di sonni inquieti in cui si creano le tensioni necessarie all’avvio dell’Allegro molto finale, attaccato subito dal pianoforte che espone un tema rutilante, subito ripreso dall’orchestra e poi un altro tema, fino al finale che leva il sipario su un’alba di sole e di nuova speranza: i mostri della notte sono scomparsi la luce trionfa.
La discografia del concerto è assai ricca, tra gli esecutori voglio ricordare: Maurizio Pollini che, diretto da Karl Böhm incise questo concerto insieme a quel miracolo del rococò che è il concerto K459, nel 1976. Poi senza dubbio da citare Alfred Brendel diretto da Neville Marriner per la Philips, Malcolm Bilson sul fortepiano con Gardiner a dirigerlo per la Archiv, Vladimir Horowitz con Carlo Maria Giulini per la DG, poi sempre per la DG Rudolf Serkin con Claudio Abbado, e poi ancora i solisti-direttori: Vladimir Ashkenazy per la Decca e Murray Perahia per la CBS (ora Sony).
Ora, su quale edizione orientarsi è oltremodo difficile dirlo, ma direi che tutte quelle che ho citato, in un ipotetico giudizio, oscillerebbero tra l’ottimo e l’eccezionale. Da aggiungere che nella maggior parte dei casi si trovano in serie a medio prezzo, cosa che le rende ancor più interessanti.