Morcheeba – Dive Deep

Dive Deep

Il trip hop (non trip pop, come ho letto da qualche parte…) è un genere musicale talmente vario e variegato che è molto difficile definirlo “genere”. Probabilmente le sue radici sono fissamente interrate nel sottosuolo hip hop (da cui il nome), ma le infinite varianti al suo interno, rendono difficile l’identificazione di un corpo unico di “suonare e sentire”. Le contaminazioni sono tantissime, jazz, rock, reggae (e marjuana…) e dancehall su tutte, ma queste sono miscelate dai vari musicisti fino a raggiungere risultati che sono molto distanti tra loro. Soprattutto il trip hop non riesce, per sua conformazione, ad essere un genere superficiale, o, come è di moda dire, easy listening… Praticamente tutti i musicisti facenti parte di questa corrente, scavano in qualche modo nel’essere e nel sentire umano: Tricky nella parte più oscura e morbosa della psicopatologia quotidiana, i Massive Attack in quella più riflessiva ed introspettiva, i Portishead affondano nel fango della depressione, Bjork (è vero, è un caso a sè, ma molto deve alla scena) il folletto lisergico, i Morcheeba anima, spirito, ambientalismo e karma.

morcheeba

Probabilmente in futuro mi addentrerò in un articoletto che possa chiarire genesi ed evoluzione del genere, ora siamo qui per parlare di un disco, e dell’ultimo lavoro dei Morcheeba, che sicuramente non è stato il collettivo che più ha venduto, nella storia di questo genere, sicuramente non sono stati i più seminali, ma a loro si deve riconoscere una coerenza stilistica (e di principio) ed il fatto di essere tra i fondatori di questo genere, con un loro proprio stile.

A dieci anni da Big Calm, quello che è il loro capolavoro, ed anche il loro disco che ha venduto di più, tornano con questo Dive Deep, che li riporta alle sonorità ed al songwriting degli esordi. Se è pur vero che la voce di Skye era un elemento fortemente caratterizzante della band, è ancor più vero che il turntablism ed il chitarrismo dei fratelli Godfrey è il vero elemento originale, rispertto alla restante produizione trip hop. Ed in effetti il loro marchio di fabbrica rimane, si sente e si gode in tutti i pezzi, nei tre strumentali ed in quelli cantati da ospiti la cui voce molto si distanzia da quella della bella e brava Skye.

Un album molto suonato, anche se si deve ammettere che non manca mai una buona dose di chitarra acustica negli album dei Morcheeba, le cui sonorità sono molto più legate al folk/blues nord americano che all’hip hop, ed in questo il duo si avvicina più all’attitudine compositiva dei Portishead, che a quella di Tricky o Massive Attack.

Bella, rilassante, Enjoy the Ride apre il lavoro con una sensaziuone di pelle d’oca e la bellissima, vellutata voce di Jodie Tzuke, primo tra i featuring vocali. Archi, melodie ampie, malinconiche, bassi avvolgenti. Si parte molto bene.

Riverbed continua la parata, calando forse la tensione emotiva (tipica canzone da chillout da domenica mattina…) con il norvegese Thomas Dybdahl, che ritroveremo anche in Sleep on it Tonight e nella conclusiva Washed Away. Una voce dalle note basse ed oscure, ma forte e sicura enche quando sussurrata, adatta ai pezzi più folk dell’album.

Bella One Love Karma, in cui esce la vena hip hop, con il bel flow di Cool Calm Pete, che un po’ somiglia al cantato slacky di Qtip (A Tribe Called Quest)…

Strepitosa Au-Delà, in cui la voce di Manda si regge su un semplice arpeggio di chitarra acustica.

Sono molti i brani che fanno di questo pezzo di plastica ed metallo un gran bel disco, che mi piacerebbe sentire di fisso negli aperitivi estivi, quando il sole scende all’orizzonte della mia amata Riviera del Brenta… perchè? Voi non vi siete stufati del Buddha Bar DCXXIII o di Cafè del Mar XDII???

spritz