Montana “Debuttanti”, recensione
Con l’emozione tipica di debuttanti ma senza la proverbiale fortuna dei principianti
Si chiamano Montana ed arrivano con il loro Punk grezzo e vintage da un luogo chiamato Comunità, Ep di debutto che tre anni addietro ha visto la band arrivare alle stampe grazie a Sonatine Produzioni. Da allora la band ha mutato faccia, ricomponendosi attorno ad una line up nuova che ritrova le scorie di The Barbacans, Slight e Un quarto morto, già apprezzati dai nostri lettori. Così, dopo un relativamente breve periodo di assestamento, ritroviamo Terenzio-Ale-Fra-Lepo nuovamente alla ribalta delle cronache nascoste grazie all’intuizione della To loose la Track ( in sinergia con Sonatine) pronta a proporre queste ultime 11 tracce distribuite da Audioglobe.
Il disco, deliziosamente contenuto in un originale packaging quadri laterale, non lascia nulla al caso, fornendo all’acquirente testi ed eleganza estetica in perfetto ossimoro con le tracce sporche e dirette raccontate del quartetto. Infatti il breve disco appare sin dal primo ascolto un violento pugno sul viso, scagliato con violenza calcolata dalle idee ben chiare della band, in grado di celare il meglio di sé dietro attacchi crudi e mirati di un punk dal sapore vintage, che deve essere ascoltato ad un volume maggiorato e essenzialmente d’un fiato.
Ad aprire il disco è il duro Muso , in cui un imbrattato punk si erge attorno ad una linea vocale molto vicina all’uso OI! Un underground sonoro che si arrampica tra i semplici accordi di Lazzaro, pronto a stimolare un naturale pogo, e il riff in battere di Armistizio, le cui spille si muovono attorno a metaforiche liriche tanto ciniche quanto prive di fronzoli.
Se poi con Sgambetto la band si concede un interludio strumentale tra rumorismo e predisposizioni punk rock, con la mutante Recidivo si avvicinano al mood tanto amato da Lemmy, per poi richiudersi nella misantropica Stoppino. Non mancano andamenti HC ( Punkomat), né armonie nu punk ( Serpe), sempre al servizio di una voce sporca e dinoccolata che impreziosisce pattern sonori di livello, proprio come nella splendida Catassa, il cui sguardo introduttivo funge da naturale rampa d lancio sonoro.
A completare l’opera sono i tamburi rullanti di Capitombolo, la cui deflagrazione strumentale anticipa l’animo Misfist della ghost track, atto terminale di un disco magnificamente punk…