Modena City Ramblers – Riportando Tutto A Casa
Controllare l’evoluzione non è sbagliato. La storia delle band musicali può essere percorsa attraverso monografie e discografie, ma accade, spesso e volentieri, che la formula magica possa essere rinchiusa in pochi concetti, i quali non importa dove nascano, crescano e muoiano, poiché possono sempre essere una costante che porta dei seguaci fedeli. Se, come in questo caso, i concetti sono meglio raccontati attraverso le estremità di un universo musicale indipendente, allora il discorso è come impostato all’interno di uno specchio che riflette la stessa cosa a distanza di anni. I Modena City Ramblers, nonostante il loro percorso sia stato lungo e faticoso, sono cambiati molto, ma, nella loro ultima fatica ( Onda Libera ), sembra quasi di avere un eco familiare che non può non essere citato. Stesse tematiche; stesse atmosfere; forse maggiore intimità; forse ancora la stessa voglia di trasmettere un messaggio di rabbia e speranza per chi è innamorato del proprio paese, per chi crede ancora in un utopia.
Si cercherà quindi, viaggiando tra due linee parallele, di vedere il filo di Arianna che le unisce.
Parte I – Riportando Tutto A Casa
In un ambiente quasi sconosciuto delle lontane colline d’Irlanda, sembra giungere un suono di flauti e violini, mischiati a un canto d’amore. Probabilmente non aveva ancora una forma ben definita, ma la sorgente sì: nel 1991 nascono i Modena City Ramblers, un gruppo di amici, emiliani e non, che si riunì per suonare musica irlandese senza grandi pretese. Nacque il nome della band ( probabilmente dai New Lost City Ramblers ), emerse dal nulla un cantante, arrivò l’ispirazione e il momento per registrare un Demo ( On the First Day of March…Live Demo ) che li consacrò all’interno del genere Combat Folk, lontano dalla prima definizione di musicisti di liscio irlandese.
“Riportando Tutto A Casa” ( da notare come sia anche la traduzione di un album di Bob Dylan: “Bring It All Back Home” ) è quindi il secondo lavoro dei Modena, il quale “ruba” alcune canzoni dal precedente Demo e ne aggiunge altre che sembrano completare un quadro di storie che parlano di comunismo, ricordi della Resistenza, di poeti andati e di grandi leader: ebbene sì, nel 1994 arrivò il momento che la musica indipendente dovesse infastidire il sistema. Il disco, comunque, non racconta solo storie vive di oggettività “storica”, ma determina anche l’identità di un gruppo emergente ( attraverso i continui riferimenti all’Irlanda e all’Emilia Romagna ), il quale, all’epoca, possedeva una formazione assai caotica: “Albertone” Morselli e Cisco alla voce; “Albertino” Cottica alla fisarmonica; Luciano Gaetani al banjo, bouzouki, mandolino; Giovanni Rubbiani alla chitarra; Massimo “Ice” Ghiacci al basso; Vania Buzzini al bodhran; Marco Michelini al violino; Franchino D’Aniello ai fiati e ai cori. A questi si aggiunse Roberto Zeno alla batteria.
Incredibile fu la tracklist, piena di tutti i loro pezzi più famosi: il cd si apre con un inno di commovente “personificazione” della madre di tutte le terre, conosciuta in “Un Giorno Di Pioggia”, per passare poi a un canto in dialetto emiliano ( Tant Par Tachèr – The Atholl Highlanders ). Arriva il primo pezzo capolavoro: “Quarant’anni”, il quale racconta della stanchezza di una povera donna per aver vissuto troppo. A seguire si procede ancora per dialetti ( Delinqueint Ed Mòdna ), finchè il resto non diventa pura poesia del comunismo e dei ricordi: cominciano i Modena con la “Morte Di Un Poeta”, dove si denuncia la scomparsa di una delle forme d’arti migliori del mondo; a seguire, probabilmente collegato alla traccia precedente, si parla de “I Funerali Di Berlinguer”, l’ultimo grande leader: un brano cantato come fosse una storiella che si racconta dentro a un bar; poi, per celebrare questa perdita, altro non si può fare che alzare il calice de “Il Bicchiere Dell’Addio”, inteso come il salutare un vecchio amico che se ne va, ma senza piangere; poi l’intimità del “Canto Di Natale”: incontrarsi, in opposizione alla prima traccia, in mezzo alla neve per dimenticare la povertà e perdersi nell’amore. “Ahmed L’Ambulante”, dal canto, è decisamente l’unica canzone scritta in posizione assolutamente oggettiva, forse l’unica, che nell’album veramente racconta qualcosa da un punto di vista esterno. Poi, due pilastri della storia dei Modena: “Contessa” ( canzone di Petrangeli, inno del movimento operaio nel 68 ) e la famosa “Bella Ciao”. “The Great Song Of Indifference”: decisamente la canzone più allegra dell’album, poiché sembra raccontare una serata in un pub tra fiumi di birra e musica. Infine, per chiudere in bellezza, ecco arrivare la tenerissima “NinnaNanna”, una canzone d’amore per chiedersi se il vento riesca a portare le parole della canzone alla donna predestinata.
Il disco, più o meno, quasi tutto frutto della fantasia dei Modena City Ramblers è un insieme d’inediti ( Un Giorno Di Pioggia ), canti popolari ( Bella Ciao ) e cover ( The Great Song Of Indifference ); quest’ultima, in particolar modo, gode di avere dietro sé un nome straordinario: Bob Geldof, il quale ha contribuito anche alla scrittura de “Il Bicchiere Dell’Addio”. E’ interessante vedere come “Riportando Tutto A Casa” sia al centro di una questione sulla quale molti fan amano ancora discutere: il caso “Contessa”. La canzone è sempre stata considerata ambigua ( in base a delle incomprensioni, date dalla distanza temporale delle tematiche ) e non sempre veniva eseguita dalla band, poi, nel momento in cui Cisco lasciò la carica di Frontman per lavorare da solo, i Ramblers decisero di cambiare alcuni versi della canzone ( perché considerati troppo brutali ) e presentarla per il concerto del Primo Maggio del 2007. Questo gli servì a guadagnarsi le antipatie dell’autore. In base a quest’episodio, I Ramblers decisero che non avrebbero più suonato “Contessa” non perché si vergognassero di averla modificata, ma semplicemente perché i tempi, per canzoni del genere, non erano più adatti. In risposta a tutta la disputa registrarono la canzone “Mia Dolce Rivoluzionaria” per l’album “Dopo Il Lungo Inverno” ( 2006 ), cercando di prendere una posizione in merito al fatto che la realtà è diventata più difficile da spiegare solo perché lo sono diventate le perone.
Niente da dire sull’aspetto vocale. Suono pulito, ma merito soprattutto di una grande voce della musica indipendente: Cisco. Musicalmente, la ritmica è più o meno la stessa e sa alternarsi tra un suono dolce e movimentato, a seconda di quale sia l’aspetto che si vuole sottolineare in quel momento ( il massimo esempio è dato da “Il Bicchiere Dell’Addio” ). Molto presenti il violino e la chitarra.
Un esempio d’identità e ricordi di Resistenze, movimenti in rosso e memorie perdute: “Riportando Tutto A Casa” è un album dal forte impatto che sa commuovere, ma che sa far anche riflettere su dei principi che ad applicarli sarebbe bello, ma i tempi non lo permettono.
Il punto fisso: l’ideale comune; un sogno; l’evasione; la libertà.
continua…