Mary Gauthier
Mary Gauthier, ovvero ecco a voi l’ennesima nipotina di Lucinda Williams. A dire il vero Gauthier non è tanto più giovane di Lucinda, ma ha iniziato la sua carriera di cantautrice a 35 anni dopo essersi rovinata la gioventù tra carcere e centri di riabilitazione; uscita da uno di questi con un diploma in cucina ha sbarcato il lunario aprendo un ristorante a Boston finché il richiamo del Delta – è nativa di New Orleans – e i primi successi l’hanno persuasa a tentare l’avventura nella musica. Ora di anni ne ha 42 e questo è il suo 4° album ed il più autobiografico, se i precedenti avevano guadagnato alle sue canzoni l’etichetta di “country noir” adesso sono le vicende di una vita travagliata – l’album è dedicato a suo fratello, attualmente in carcere – a incupire il clima.
“Un hotel da due soldi, il riscaldamento fischia, il bagno è giù nella hall e puzza di piscio” queste le parole con cui inizia “Falling out of love” la canzone d’apertura, arrangiamento e voce dai sapori blues, testo sofferto e crudo dove la fine di un amore è paragonato a scontare una pena in galera. Questa atmosfera e il ritmo – mentre le sonorità soffrono una prima virata country – sono confermati dalla title track “Mercy now” che Mary dedica a suo padre e alla sua famiglia per la quale invoca appunto “misericordia, adesso” anche se, aggiunge, “So che non la meritiamo” un grande brano che incede maestoso mentre Mary canta senza vergogna o falsi pudori le miserie sue, dei suoi cari e del suo tempo.
Per questo esordio su Major Mary Gauthier ripropone “I drink” la canzone di maggior successo che abbia scritto finora, il ritornello va così:
“I pesci nuotano, gli uccelli volano, i padri strillano, le madri piangono, i vecchi stanno seduti a pensare, io bevo” e, per chi non l’avesse capito precisa “So cosa sono e me ne frego”: una scelta di vita e una franchezza rara!
“Wheel inside the wheel” è una incursione nel mito di New Orleans, il testo della Gauthier evoca uno dopo l’altro Satchmo, Marie Laveau e Mardi Gras Indians per dare vita a un quadro intriso di spiritualità della città musicale per eccellenza.
Tutti questi episodi farebbero di Mary Gauthier una voce nuova tra le cantautrici e interpreti che occupano quella nicchia di mercato del cosiddetto “alternative country” (Lucinda Williams, Gillian Welch, Patty Griffin, Kathleen Edwards, Iris DeMent senza dimenticare la capostipite Emmylou Harris), peccato che l’album in troppi brani sia troppo country e per nulla alternativo e soprattutto presenti suoni e vocalità alla Lucinda Williams: per il suono certo la “colpa” è da attribuire al produttore, Gurf Morlix, che in passato ha lavorato con Lucinda ma è indubbio che in troppi momenti – come “Empty spaces” – i suoni e la vocalità rendano Mary Gauthier indistinguibile dalle colleghe (una di loro, Patty Griffin, duetta con lei in due brani).
Album per appassionati del genere, ma artista da seguire per tutti perché ha nelle corde l’originalità necessaria per centrare il grande album.