Marlene Kuntz – Onorate il vile live.
Forse la memoria mi inganna, ma temo di dover dire che, per la prima volta, ho avuto modo di assistere ad un live in cui buona parte del pubblico si è mostrata tutt’altro che adorante. Infatti,la scorsa sera al Crazy Bull di Sampierdarena, ascoltando i commenti attorno a me, ho percepito malumore ed insofferenza. Qualcuno dalle retrovie (addirittura) urla frasi ingiuriose, intimando alla band di concentrarsi sulla celebrazione del Vile piuttosto che concentrarsi sulle nuove note. Inoltre, al di là di questa anomala situazione iniziale mi vedo costretto ad annotare anche molte facce deluse e perplesse persino durante le fasi finali del concerto, quando solitamente il reprise regala sorrisi agli astanti.
Ma… partiamo dalle buone premesse: i Marlene Kuntz sono tornati a Genova per la prima data di un tour che celebra i 20 anni dalla pubblicazione de Il vile, (e di per se non mi pare poco). Una festa (ahimè a tratti…mesta) pensata per dare spolvero ad un straordinario secondogenito, storicizzato dal movimento alternative di metà anni ‘90.
Il disco, coraggioso e magnifico, moto di rumorosità sonica, infatti, viene (ri)proposto integralmente perseguendo l’idea, riuscita, del precedente Catartica tour. Pertanto, i Marlene tornano alle origini, partendo da un piccolo club come il Crazy Bull genuenese, storica location sede di memorabili live che, grazie alla sempre più attiva Psycho di Totò Miggiano, continua a raccontare con dedizione la musica. Un piccolo e vitale luogo pronto a risvegliare la periferia di una Genova pigra e talvolta distaccata, proprio come parte dei convenuti.
A dare reale battesimo al live è, come da attese 3 di 3 che, proprio dopo una “lunga attesa” riesce a far salire il termometro pronto ad esplode su l’agguato e Fecondità, che segue ad alcune mescolanze di rock diretto, sapientemente calmierato da distorsioni terminali che violano le toniche ribassate e doomatiche di La città dormitorio, in cui la narratività è affiancata da un ottima bass line ricca di spigoli.
Le bacchette ci conducono poi verso Overflash, che porta con sé movimenti tribali, posti tra Cenere e le venature prog di Retrattite. La matrice anni’90 va poi a complementarsi con l’impeccabile performance di Ti giro intorno, il cui ottimo riffing disegna armonie spezzate, pronte a portarci tra i nidi “dell’ape regina”.
Mentre c’è chi urla contro chi si ostina a voler vedere il live attraverso lo schermo di uno smartphone, le note de L’esangue Debora anticipa Come stavamo Ieri, accompagnata da luci ambrate e cenni rumoristici che ottimizzato un finale di livello. Se poi qualcuno nota imperfezioni vocali durante Un po’ di Requie, ci si ricrede immediatamente dai suoni avvolgenti di Ti giro intorno, traccia diretta e deliziosamente spezzata dall’ottimo uso della sei corde.
Il live finalmente decolla (ma forse è un poco tardi) e decolla anche grazie a E non cessa di girare la mia testa in mezzo al mare, ultimo baluardo emozionale prima di un bis deludente in cui lo spoken work della narrazione trova le note finali in un “paradiso” in cui le promesse vengono mantenute solo in parte.
Insomma molte ombre ed altrettante luci per un live che, nonostante la mia pregressa esperienza con i Marlene Kuntz, immagino diverso.