Mario Cottarelli “Un strana commedia”, recensione

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Qualche tempo addietro, uno dei miei più cari amici mi disse “Sei peggio di Vincenzo Mollica!”, facendo riferimento al buonismo che trapela talvolta dai miei articoli e all’idioma edulcorante che il giornalista Rai spesso propone dei suoi documenti.

Per certi versi devo ammettere che talvolta finisco per lasciarmi andare alla soggettività. Ma i tempi sono cambiati!

Infatti, da qualche anno a questa parte, prendendo atto che il tempo di questa vita è troppo breve per perdere tempo in libri orrendi e dischi noiosi, mi sono chiesto il perché recensire dischi non adeguati? Così le opere per così dire acerbe finiscono nell’oblio con il benestare delle label, a meno che non richiedano esplicitamente la recensione anche se la critica è negativa.

Anche se questo orientamento non rappresenta al momento un vero e proprio dogma, molti artisti si sono sentiti offesi dalle mie parole, altri hanno contrattaccato in maniera nerboruta, altri ancora hanno trovato qualcosa di costruttive in ciò che dicevo. Tra coloro i quali hanno deciso di riprovare con la mia penna, nonostante la poca generosità passata, è stato Mario Cottarelli che dopo Prodigiosa macchina torna con Una strana commedia, seconda opera del tenace musicista lombardo.

Come nel mio articolo precedente devo tornare a criticare le scelte stilistiche della cover art che con il retro di copertina rappresenta ( scusate la franchezza di chi insegna anche grafica come me) un compendio di tutto ciò che oggi si deve evitare di fare per non cadere in quella zona di vintage, che non respira più da tempo. Una serie di effetti sopra le righe e ancora una volta over time. Un peccato di marketing che di certo taglierà una buona fetta di mercato, perché comunque da anni la convinzione provata di acquisto ispirato esiste realmente ed è ancora forte soprattutto nel mercato alternativo e out of mainstream.

Ma chi conosce Mario, o meglio chi apprezza Mario non avrà dubbi per l’acquisto, soprattutto se si conosce il precedente full lenght, in quanto questo nuovo prodotto rappresenta una naturale prosecuzione del la fenditura progressive, che a dire il vero ho faticato a recensire per l’andamento troppo prevedibile di alcuni passaggi. Il disco, pur essendo annoverabile tra convincenti dischi sui generis, vive di ispirate intuizioni con L’occhio del ciclone e i passaggi inquieti di Bianca scia . La voce di Cottarelli è comunque una di quelle realtà che dividono il pubblico proprio perché di certo sarà apprezzato da chi vive di questo tipo di musicalità italiana, ma avrà difficoltà ad ampliare il suo target. La poca apertura sia idiomatica, sia musicale verso sfumature più concrete, inchiodano il tracciato ai suoi binari e per il momento non si vede all’orizzonte una reale volontà di deragliare dal percorso, nonostante buoni episodi come l’armonia di L’orgoglio di Arlecchino, in cui i quasi tredici minuti si allungano senza mai distanziarsi dallo scheletro portante.

Un disco che potrebbe acuire le doti compositive dell’autore, ma che spesso rimane zavorrato al modulo iniziale, senza riuscire a devolvere pienamente nonostante uno status di apprezzabile sviluppo di base.

Tracklist:
01. Una strana commedia
02. L’occhio del ciclone
03. Corto circuito
04. Bianca scia
05. L’orgoglio di Arlecchino