Malenky Slovos

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Spesso quando recensisco album di band emergenti mi rendo conto che è necessario e galante definire nell’incipit una collocazione geografico musicale, che possa dare ai lettori una bussola atta ad un necessario orientamento. Questa volta invece non sarà così, a parlare saranno solo le parole legate alle sonorità di Antiquambience, l’extended played dei Malnky Slovos.
La motivazione portante di questa mia scelta stilistica è dovuta alla convinzione che, a differenza di molti altri casi, la musica del quintetto non può essere legata né ad un luogo né ad un genere. Poco importa sapere se la band appartiene al terreno nostrano, ai balcani o alla Gran Bretagna, perché siamo di fronte ad un promettente gruppo musicalmente apolide.

Il mini disco si apre con Sushi, apprezzabile traccia di puro rock easy listening, caratterizzato dalla calda e particolare voce del frontman, che sembra a tratti ricordare Kelly Jones di Don’t let me down . Il ritmo impostato è di buon impatto sin dal primo ascolto, tra picchi di sviluppo sul chorus e modalità di contenimento nelle strofe.

Il viaggio prosegue poi con To the river, brano che si propone di raccontare un’inversione di marcia tipica di tutto l’EP, attraverso uno scheletro pop rock alimentato da un anima alternative alquanto variabile; una sorta di ballad sporcata da sviluppi alternativi e da una voce che viaggia più che decorosamente sulle scale di tonalità, colorando un testo che forse deve ancora migliorare nella sua dizione anglosassone. Lo sfondo della traccia sembra voler richiamare il duca bianco all’interno di una gabbia musicale in cui le chitarre appaiono bene allineata alla sezione ritmica.

Se la titletrack appare come l’anello debole di Antiquambience, più convincente è senza dubbio In the dark room, in cui l’indie pop si mescola al rock posato, per una docile e pensierosa traccia che alterna passaggi più o meno urlanti. Tra spaziature electro dark di sintetica cupezza terminale, il suono ci conduce alle spatolate di Waiting for dawn, espressa attraverso una metaforica alba cantautoriale, abbracciando al contempo una serie di variabili, forse stereotipate della musica underground.

Il disco trova infine il suo capolinea con Sad song [guilt], track che riportando alla mente il Carpenter compositore, definisce la ridondanza sonica di un climax coinvolgente, che porta verso un ambiente free tanto favolistico quanto Carolliano.

INTERVISTA

1. Signori buongiorno…come di consueto dò inizio all’intervista con la solita domanda che amo porre… la genesi del nome…perché Malenky Slovos?

Andrea “Logan”: Ciao Loris, innanzitutto grazie per averci proposto questa intervista!

Il nome della band nasce indirettamente dalla mia passione per “Arancia Meccanica”, iniziata vent’anni fa con la visione “proibita” del capolavoro di Kubrick e sfociata poi nell’amore per il geniale romanzo di Burgess. Affascinato dal gergo del protagonista Alex e dei suoi compagni “drughi”, lo usai a suo tempo per battezzare “Malenky Slovos”, cioè “poche, piccole parole” (una sorta di dichiarazione d’intenti , la mia home page e il relativo indirizzo email.

Questo “strano” indirizzo, che ancora oggi uso per comunicare con gli altri membri della band, scambiarci i pezzi, ecc. colpì il nostro ex-batterista Simone Ginesi, che propose di usarlo come nome della band. L’idea piacque a tutti: ed ecco i “Malenky Slovos”!

2. Perché un Extended Play? Necessità o virtù?

Un po’ entrambe. Volevamo uscire il prima possibile, per raccogliere il feedback di riviste specializzate, webzine, ecc. sia italiane che estere. Dopo un paio d’anni di intenso lavoro sui nostri pezzi sentivamo infatti l’esigenza di raccogliere pareri esterni più oggettivi, per capire se e come andare avanti.
Per ora i primi riscontri sembrano decisamente positivi, anche da paesi di lingua anglosassone, che per noi rappresentano un banco di prova importante, avendo optato per un cantato in inglese. Dunque è probabile che inizieremo a lavorare presto ad un album completo.

3. Come nasce una traccia dei Malenky Slovos? Quali sono le vostre fonti di ispirazioni e quale è il vostro retroterra cultural musicale?

Le canzoni nascono solitamente da uno spunto musicale (un riff, un arpeggio, un’ atmosfera sonora creata con effetti o elaborazioni) frutto di improvvisazione personale o collettiva. Per esempio “Waiting for Dawn” è nata da un loop di chitarra “al contrario” registrato anni fa a casa, “Sushi” da un riff improvvisato in sala.
La melodia si sviluppa poi su questa base musicale, cantata inizialmente in una sorta di pseudo-inglese che ci lascia totale libertà “metrica”.
Infine si arriva al testo, che può prendere spunto dall’atmosfera del brano, rispondere ad una precisa esigenza comunicativa o perfino scaturire da una rielaborazione dell’iniziale pseudo-testo improvvisato, fondendo le fonti di ispirazione più varie: la realtà politico/sociale, la cronaca (il caso Kampusch per “In The Dark Room”), la letturatura (Shakespeare nell’inedita “The Tempest”), esperienze di viaggio, film che mi hanno colpito come “The Machinist” (in “Sad Song [guilt]”) o “They Live” di John Carpenter (pellicola più che mai attuale, che ha ispirato il nostro pezzo politico “Nine Lives”, purtroppo assente dall’EP).
L’amore per il cinema influenza in qualche modo anche l’atmosfera di pezzi come “Waiting For Dawn”, “Sushi” o “In the Dark Room”.
Dal punto di vista strettamente musicale, i nostri ascolti sono molto vari: a me piacciono l’ambient, la new/neo/dark wave e anche una parte del prog classico, Stefano adora il grunge e sonorità più taglienti, Matteo ama molto anche i grandi cantautori italiani e americani, Simone e Cristian sono musicalmente onnivori.
Nei Malenky c’è l’ambizione di fondere in modo armonioso tutti questi elementi, rifiutando in modo programmatico un preciso riferimento stilistico; anzi, il progetto era nato proprio come reazione alla constatazione che parecchi gruppi locali, pur musicalmente molto dotati, preferivano emulare fedelmente le atmosfere di questa o quella band, diventandone una specie di “clone”.

4. Ci potete raccontare come è venuto alla luce “Antiquambience”?

Tecnicamente, l’EP è iniziato con una lunga “pre-produzione” nel mio studio casalingo, che ha permesso di definire in dettaglio gli arrangiamenti e registrare già parecchie delle tracce definitive di chitarra solista, basso e voce. Per i suoni, abbiamo usato chitarre ESP (con i classici Seymour Duncan 59/JB), Parker Nitefly per poche cose pulite e un’acustica Ibanez per “To The River”, ampli Mesa e Bogner, innumerevoli effetti analogici e non, guitar synth e svariati soft-synth come Poizone (per i suoni da trip che si sentono nella coda di “In The Dark Room” e sui chorus di “Sad Song”).
Poi, a febbraio [del 2010], abbiamo scelto sei tracce da consolidare per l’EP, seguendo un criterio prevalentemente “cronologico” (tranne per “Sushi”, che era fresca di scrittura, ma ci sembrava un pezzo su cui puntare da subito) e le abbiamo portate ai Sonik Studio (SP).
Abbiamo preferito questo piccolo studio spezzino perché conosciamo bene la competenza e l’entusiasmo dei proprietari Lorenzo e Diego.
In studio ci siamo concentrati sulla registrazione di batteria e chitarre ritmiche, con l’obiettivo di riprodurre l’energia e l’impatto del nostro suono “live” e ancor più sul mixaggio: il suono densamente stratificato (ogni brano non ha mai meno di 20-25 tracce) e la nostra pignoleria rischiavano infatti di unirsi in “un mix” letale 😉 ma, grazie all’ottimo lavoro dei ragazzi del Sonik, siamo riusciti a raggiungere il sound che avevamo in mente.

5. Io credo che se non foste gens ligure, ma foste nati al di là della Manica…il vostro futuro sarebbe più certo. Cosa ne pensate?

E’ un’osservazione che a volte ci capita di fare, dal momento che abbiamo preferito cantare in inglese. Questa scelta, dettata dal desiderio di costruire linee melodiche più asciutte e portare in primo piano il sound e gli arrangiamenti, trova indubbiamente poco appoggio presso le etichette italiane, specie nell’ambito rock alternative in cui ci muoviamo (va forse un po’ meglio per le “nicchie” tipo metal, punk, new-prog, ecc).
D’altra parte temo che, oltremanica, la concorrenza sarebbe davvero spietata 😉

6. Un EP ben curato in ogni particolare, arrangiamenti discreti, minibooklet con testi, work art interessante…ma allora per qualcuno della fredda era mp3 è ancora importante il dettaglio?

Evidentemente la pensiamo allo stesso modo! Figurati che io “non riesco” ad ascoltare gli album in mp3: ho bisogno di avere sempre il libretto a portata di mano, per vedere chi suona, i credits, dare un’occhiata alle lyrics, ecc.
Dunque, anche se questo EP voleva essere una sorta di biglietto da visita per “sondare il mercato”, abbiamo cercato di curare il tutto come avremmo fatto per un album completo: i testi, fondamentali per via della lingua, un paio di ritratti della band opera del bravissimo fotografo spezzino Alessandro Corio e foto “tematiche”, scattate quando vivevo a NY, che forniscono un supporto visivo ai vari brani.

7. Quali sono i migliori canali perseguibili per una buona distribuzione dall’underground secondo la vostra esperienza?

Ah! Qui tocchi un tasto dolente: stiamo ancora cercando di capire come riuscire a portare la nostra musica verso potenziali ascoltatori!
Per ora ci siamo limitati a usare il web per inviare l’EP alla critica specializzata e realizzare gli imprescindibili myspace e facebook (http://www.facebook.com/pages/Malenky-Slovos/137334532977336), che cerchiamo di aggiornare frequentemente. E’ evidente che oggi il web permette, in linea di principio, di ottenere un’incredibile (quanto economica) esposizione. Il grosso problema è ovviamente quello di riuscire a “farsi notare” in un cyber-spazio così affollato!
Una strada che forse proveremo a battere è quella di realizzare e caricare su YouTube dei “piccoli” video delle cover che suoniamo solitamente in concerto (“Heroes”, “By This River” di Eno, “Theresa’s Sound World” dei Sonic Youth, “You” dei RadioHead, “Jenny …” dei The Killers), per solleticare l’interesse dei fan di artisti che ci piacciono e potrebbero, di riflesso, essere interessati ai Malenky.
Tutto questo ovviamente nella sola ottica di una auto-promozione/produzione.
Per quanto riguarda invece possibili etichette o agenzie… ci stiamo ancora guardando intorno!

8. Cosa si prospetta nel futuro dei Malenky Slovos?

Speriamo nel breve termine di riuscire a intensificare l’attività live. Non ti nego infatti che siamo abbastanza delusi dall’atteggiamento dei (peraltro rari) locali che propongono musica dal vivo nei confronti dei cosiddetti “emergenti”, specie se presentano prevalentemente brani inediti.
Sul versante “studio”, come ti dicevo, abbiamo intenzione di espandere l’EP in un album di 11-12 tracce e sondare se può esserci qualche interesse per la distribuzione da parte di etichette indipendenti italiane o estere.
A chi volesse restare aggiornato consiglio di seguirci su Facebook.
Grazie ancora per l’attenzione e il supporto generoso che date a band come noi e complimenti per l’ottimo lavoro di “Music On TNT”!