Majek Fashek – Spirit of love
Dopo tantissimo tempo mi cimento di nuovo nell’ascolto di uno dei componenti della trinità del reggae africano all’anagrafe Majekodumni Fasheke in arte Majek Fashek,
(il reverendo o altre trapsortazioni che nel corso del tempo il suo nome d’arte si è guadagnato)resta il fatto che insieme a Luke Dube,Alpha Blondy
sono stati tra i primi artisti di musica in levare africana a varcare i confini del continete nero e trovare successi internazionali.
Spesso mi è capitato di ascoltare Majek in assoluta tranquillità sprofondato sulla mia poltrona preferita che ormai sembra implorarmi di dargli il meritato riposo visto
l’enorme conca che mostra sul cuscino e i braccioli usurati dal tempo….ma il mio posteriore è troppo affezionato a questo spazio che si è costruito negli anni e cosi rimando
sempre la rottamazione del vecchio residuato degli anni 80.
Ma cosa c’entra la mia abitudine di ascoltare la musica in poltrona con Fashek? Non molto è solo che questa volta dopo essermi gustato una cena nigeriana e aver bevuto ettolitri
di palmwine in ottima compagnia, ed aver in cuor mio invidiato questi ragazzi per lo più appena ventenni parlavano di come le feste e la socialita in Africa sia cosi diversa dalla
glaciale europa decido di allietare il dopocena con un po’ di buona musica. Metto su Majek Fashek convinto per lo piu’ che la mia scelta sarà ben presto boicottata da questi giovanotti
che sicuramente mi chiederrano di mettere su qualcosa di piu’ contemporeano.
Ma rimango di sasso quando vedo che si guardarno stupiti e iniziano a discutere animatamente in una lingua che non mi basteranno 100 anni di studio per
poter comprendere, mi viene spontaneo chiedere: “Ok non vi piace cambio cosa preferite?” ma è qui che viene il bello…. Si alza un coro di voci mi sento rispondere: “no lascia, lascia
please questa è la musica del nostro African Time, ce l’hai Papa Papa aiaho???? Mama mama aiahooo?” Ci metto un po’ per capire cosa volevano e non è solo dovuto al fatto che
i miei neuroni hanno un tempo di risposta molto lento ma anche al fatto che sono un po’ brillotto, ma per fortuna che ho in mano la piu’ grande invenzione dell’era moderna il telecomando
skippo subito su quella che mi sembra di ricordare fosse il ritornello della song numero 8….. e per fortuna che la memoria non mi tradisce ……
Inizia la canzone con un bel accordino di chitarra e fiati e si capisce subito che è un pezzo allegro, uno di quei pezzi che ti apre subito il cuore, ma i miei amici sono un po’ perplessi…ma
appena arriva il ritornello tanto richiesto la perplessità fa largo a balli gioiosi e festosi.
Si avevano ragione i miei questo pezzo è un elogio al divertimento
e alla voglia di star insieme, Scendere la pioggia, il pezzo in questione, Send down the rain è la senzazione di felicità che possono provare i contadini, i bambini che possono
sguazzare e inventarsi acrobatici salti tra le pozzanghere, gli artisti che possono trovare nuove forme d’ispirazione, nel gustare la pioggia dopo giorni di secca. Insomma la
pioggia intesa come un gesto rigenerante, una sprezzata d’aria fresca come questo pezzo del nostro artista.
Che l’ex bassista dei Mantadors abbia voglia di frescezza e di cambiamenti lo si capisce subito in Spirit of Love infatti apre le danze con un dei pezzi piu’ potenti della storia
del reggae fino ad allora. Beware Majek è un giro di basso che vi rimanda ad atmosfere mistiche e extrasensoriali è il suono della giungla vibrante e calmo quanto deve esserlo.
Il viaggio prosegue con so Long pezzo funkeggiante che ci da la senzazione di scorrere una vecchia pellicola in bianco e nero sulla storia degli africani. Si viaggia ancora con
Majek in New York, fino ad arrivare al cuore di questo album 4 traccie che da Spirit of love a Holy spirit accompagneranno l’ascoltatore in una full immersion di spiritualità, d’amore
d’ intimità, di misticità mai provata prima. Un omaggio al senso della vita e della dolce musica che tanto caro era alle orecchie degli ascoltatori prima che i moderni sound system
rendessero il messaggio della musica insulso e nevralgico con ritmi spasmodici e voci accellerate e stridule.
Il viaggio termina nel ghetto, un ode al posto da dove proviene Majek Fashek in quel Benin City, luogo dove è troppo difficile vivere ma che fa anche nascere splenditi fiori neri.
Correva l’anno 1991 e la Intescope con la supervisione di mister Steven Van Zandt il chitarista di Spreengsten decideva di pubblicare Sprit of Love, album d’innovazione per il
reggae mondiale.
Al nostro fiore nero che quanto canta ricorda Bob Marley và riconosciuto il fatto di aver contribuito a dare nuova linfa al reggae aggiungendo suoni della giungla, tamburi, canti
africani, di aver investito personalmente in un reggae influenzato da elementi di fuji e persino di rock metropolitano, insomma di essersi trasformato da imitatore di un reggae
d’oltreoceano ad inventore di un reggae africano e mondiale.
Il reggae lo ringrazia, il ghetto lo ringrazia, e per quel poco che conta anche io e la mia poltrona lo ringraziamo, ma soprattutto lo ringraziano quei ragazzi che quella sera grazie
alle sue sette note hanno rivissuto l’African time pur stando distanti migliaia di chilometri, quando si dice la forza della musica.