Luca Laurini “Il look degli animali domestici vaganti”, recensione
Da un titolo come Il look degli animali domestici vaganti si può capire molto di più di quello che si può pensare ad un primo impatto. Un’accorta ironia, una cura di partiture e songwriting abbracciato al rifiuto ponderato della banalità, in un abile intento di rivisitazione, al servizio di un mondo che nulla lascia al caso.
Il disco, promosso dall’Alka record, racconta di un cantautore maturo e vitale, pronto a serrare nelle sue 10 tracce, sonorità vicine al classico cantautorato, interposte sui binari di un viaggio dai moderati cambi direzionali e dai gustosi rimandi passatisti.
L’album, corredato da un booklet minimale, ci introduce nel mondo di Luca Laurini, attraverso uno sguardo folk, intercalato sul citazionismo d’autore di Il poeta, in cui il basso caldo e presente definisce l’andamento mediterraneo di un opener pronto a racchiude in sé un diretto rimando a Daniele Silvestri, proprio come accade in Oggi è un gioco bellissimo. Il cantore romano si affaccia prepotentemente nelle influenze espresse da Laurini, attraverso i suoi viaggio cripto-veristi, spesso avvolti nella curata melanconia degli sguardi ottimisti, pronti ad offrire un ascolto attentivo di rif delicati al servizio di un canzone figlia del malessere sociale, qui specchiato sulle corde dell’ironia e della voglia di vivere e stupire.
Il sapore della tradizione festante ed agreste emerge poi nel ritmo in levare de Il più simpatico, storia di un illusoria fuga, dettata da una sonorità cadenzata e retrò, che anticipa l’anima creativa di Come mi volevi tu, traccia filtrata attraverso ridondanti passaggi di note, ancora deliziosamente dominate dalle diluite toniche, spesso inserite come fulcro in una struttura musicale piacevole diretta.
L’aurea mediterranea, molto presente in tutto il full length, si palesa in maniera più evidente nella sonata a mandolino di I tacchi s’alzano un po’ , ne L’abito e in Mariarosa, che strizza l’occhio al recente passato compositivo di un Italia alla continua una ricerca anti celebrativa, spesso ricca di sfumature sarcastiche, proprio come dimostrano le citazione Jannaccesche di Mele marce e Fra Diavolo, che sarebbero piaciute a chi la scuola genovese l’ha nobilitata.
Un disco, quindi, che, nella sua costante ricerca esplorativa, offre un’opera in grado di vivere su diversificati livelli interpretativi, atti a mostrare e al contempo celebrare derive sonore, curiosi rimandi e divertite interpretazione.