Life is…
Album di debutto per una belga che canta, suona il piano, compoine e produce questo inizio di carriera.
Che dire?
Beh, innanzitutto bentornati nello spazio creativo della Moonjune Records, ancora una volta tra i pochi nomi da segnalare quando si vuole parlare di un attualità musicale qualitativamente alta e costante. Susan Clynes tira fuori un ingresso nella musica che ha i pregi e i limiti di un debutto interessante, carico di stimoli e spunti. Il sentiero evolutivo di questo modo di far musica è quello di cui moltissimi riconoscono nel ruolo di leader storica Kate Bush (per nulla a torto, secondo chi scrive).
C’è qui una scrittura sostanzialmente liberata da alcuni vincoli formali delle formule per brano di successo e lasciata scorrere lungo flussi compositivi legati all’idea quasi puntuale, alla nota inattesa, al passaggio lungo il vicolo accanto piuttosto che nella via principale. Diventa quindi semplice e godibile attraversare canzoni che hanno l’orgoglio dell’impeto individuale, del guizzo personale di un momento, in piccoli strappi o iterazioni di intima solennità, con punte esecutive da piccolo musical per pochi avventori, in territori che, a parte il mito Kate, riporteranno qualcuno ad una Tori Amos che improvvisa al pub, come pure a certe intuizioni della nostra Cristina Donà.
Non tutto fila completamente liscio, nel senso che qualche accanimento di troppo sulla frase ripetuta o sull’atmosfera cercata a volte intoppa la scorrevolezza, e c’è poi una tracklist che -come ogni debutto dal forte impulso creativo rischia di portare con sé- contiene forse troppo rispetto a chi dall’ascolto volesse organicità e compattezza. Le sbandate stilistiche (pop, margini di folk, qualche patchwork classico un po’ didascalico e da affinare, contaminazioni world, spruzzatine vaudeville) possono affascinare l’ascoltatore ardito, spiazzare quello un po’ più mainstream o lasciare perplesso chi voglia un percorso più coerente… siamo, al solito, sui gusti personali, e qui il recensore glissa su un “vedetevela voi”.
Piano, spesso in solitaria, oppure in due tracce con basso e batteria, o ancora in altre cinque con un violoncello usato com’è o distorto fino ai confini del rumorismo. Una registrazione che rispecchia la musica: carnale, vicina, pochi effetti, qualche imprecisione, compressione scarsa o nulla, strumenti che arrivano come la voce e viceversa, distanze ridotte tra chi ascolta e chi esegue.
Tutto chiaro? Se la risposta è negativa significa che non siete ancora passati sul sito Moonjune a dare anche un ascolto campione.
Fatto?
Visto che avevo ragione? Eh…
Consigliato, per spiriti liberi.