Le pietre dei Giganti “Abissi”, recensione

Un suono filtrato, graffiato ruvido. Campionamenti battenti e uno strumento aggiuntivo: la voce di Lorenzo Marsili. Si chiamano Le pietre dei Giganti e si presentano al mercato con un album fresco e ben bilanciato. Un opera in cui visioni contemporanee giocano con reminiscenze classiche, attraverso deformazioni del tracciato vocale, proprio come accade nell’impeccabile overture: Vuoto. La traccia iniziale, di certo tra le più interessanti del disco, sembra arare il campo di note per poter seminare le sensazioni stoner de La lente dell’odio, composizione in cui l’uso di armonie offre all’accorta narrazione gli spazi di stop and go liberi da attesi andamenti.

 

 

Il disco a tratti sorprendente, offre sin da primo ascolto uno sguardo destabilizzante, in cui vanno ad alternarsi ricercate ed eleganti sonorità (Greta), tagliate da accenni noise, proprio come accade nelle note proto-tribali di Canzone del sole, traccia spigolosa e minimale, in cui la rabbia teatralizzata della bassline raccoglie sensazioni cariche di pathos e  collera espositiva. Tra le migliori tracce del disco sembra emergere, però, la complessità strutturale di Mattine grigie, sonata dilatata attraverso gli abissi emotivi di uno sguardo sulla realtà, qui vestita da angosce e realismo oscuro, da cui sgorga un ricercato songwriting che trova il proprio apice compositivo in Trieste (La casa vuota), track da ascoltare nel silenzio degli occhi serrati, perché nelle profondità narrate in qualche modo ed in qualche tempo abitiamo anche noi.

 

Tracklist:

1. Vuoto
2. La lente dell’odio
3. Greta
4. DMA
5. Abissi
6. Canzone del sole
7. Mattine grigie
8. Stasi
9. Trieste (La casa vuota)