L’apparenza – Lucio Battisti recensione
Lucio Battisti – L’apparenza, recensione
L’apparenza segue a distanza di due anni il rivoluzionario e discusso Don Giovanni e ne ripete l’impatto e lo stile, confermando, per i pochi scettici rimasti, che la svolta di Lucio Battisti non era un capriccio momentaneo.
La collaborazione col poeta Pasquale Panella continua a produrre esempi memorabili di testi originalissimi ed affascinanti, mentre la produzione è affidata a Robin Smith che cura anche gli arrangiamenti.
Il prodotto finale non si discosta troppo da quello precedente, si respira la stessa aria un po’ glaciale ma l’incisione è tutt’altro che artificiale nell’accezione peggiore del termine.
La copertina ha assunto i connotati definitivi: bianco glaciale con titolo, autore e pochi tratti di nero china a rappresentare quella che sembra una finestra stilizzata o forse una credenzina d’altri tempi.
L’aria che si respira in questo secondo disco dell’era Panella è un po’ diversa da quella del precedente lavoro. Testi e suoni sono più malinconici e scuri, certamente manca quello spirito un po’ burlone che faceva capolino qua e là in Don Giovanni ed invece affiora un senso di pessimismo che pervade un po’ tutte le tracce con, forse, l’unica eccezione di Per altri motivi solo apparentemente più scanzonata delle altre.
Il testo in realtà rivela ben altre intenzioni:
Ah, come sono vivace come uno che tace…
(frase ripresa in seguito da Zucchero, che ha attinto più di una volta alle invenzioni di Pasquale Panella…).
Oppure:
Ah come sono triste, mi mangerei oltre pasto le liste dei vini, se fossero di sfoglie quei croccantini, al posto delle scritte…avrei una voglia, un taglietto d’affetto, cosa sento? Ma niente, un affetto non si prova, si indossa direttamente! Ah come siamo vivi, come tutto accade per tutt’altri motivi…
Come vedete, la tentazione di parlare e cantare d’amore viene repressa immediatamente, una condizione che alla lunga stancherà il paroliere Panella che dopo l’ultimo lavoro (Hegel) avrebbe abbandonato Battisti, tornando a scrivere canzoni meno distaccate come testimonia il testo di Cantare è d’amore, scritta per Amedeo Minghi nel 1997.
Musicalmente L’apparenza presenta una tessitura simile a Don Giovanni, col pianoforte a sorreggere tutta la parte melodica, coadiuvato da un blando accompagnamento orchestrale. A raffreddare il tutto c’è la base ritmica, molto sintetica e particolare e poi la voce di Battisti, sempre molto alta e poco incline ai cedimenti sentimentali del passato.
L’unica traccia che lascia trasparire qualche inclinazione sentimentale è, come nel precedente lavoro, quella che apre il disco, in questo caso A portata di mano, che ci regala sprazzi dolcissimi però subito troncati sul nascere.
Questo disco, nonostante i toni un po’ tristi e malinconici, è comunque godibilissimo ed intrigante, conquista alla distanza anche se colpisce un po’ meno del più vario e fresco Don Giovanni e pertanto merita più ascolti ripetuti.
Non mancherà di offrire utili spunti di riflessione per studiare l’evoluzione del cantautore più discusso e criticato per le sue scelte controcorrente ma fate attenzione a non trarre conclusioni affrettate: il duo Battisti/Panella aveva ancora parecchi tesori nascosti da offrire al proprio pubblico come i lavori successivi avrebbero testimoniato indiscutibilmente.
L’apparenza contiene 8 tracce:
- A portata di mano
- Specchi opposti
- Allontanando
- L’apparenza
- Per altri motivi
- Per nome
- Dalle prime battute
- Lo scenario
La monografia L’ultimo Battisti è composta dei seguenti articoli: