La Menade

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Ottobre, anno 2000, quattro strade convogliano in un unico crocevia dal quale, come da un vulcano, eruttano rabbia ed garbo. Il mondo che viene a crearsi dall’esplosione porta il nome di La Menade, band in cui le quote rose hanno il meritato successo, a dispetto di una realtà ancora machista e maschilista.

Probabilmente è stato difficoltoso resistere agli eventi ed alzare la testa, ma dopo Radio Londra caffè, Qube, RadioRock e Rock Targato Italia, eccoci finalmente a parlare di “Conflitti e sogni”, primo lavoro ufficiale della band. Grazie a Kick Agency, Redhouse record e Load up record per aver fatto si che qui conflitti siano divenuti sogni. La porte della notorietà hanno iniziato a schiudersi di fronte ad un sound che dietro l’etichetta di Hard rock nasconde molto di più.

Il primo capitolo di questa bella narrazione è firmato Luca Lucini, regista del cult movie “Tre metri sopra al cielo” che ha voluto per il suo lungometraggio “Wheeling” magnifico brano strumentale di chiusura del disco, che con il suo PRODIGYoso sound è entrato a furor di popolo nel’original soundtrack del film.

I suoni che escono dal disco nascono nel terreno fertile del rock che a tratti diviene hard, soft, power o prog, a completa disposizione delle sensazioni che le liriche hanno il compito di perpetrare. L’introduttiva “Inquietudine”, dominata dalla sezione ritmica e dalla potente voce di Tatiana, mostra la qualità degli arrangiamenti praticamente perfetti in “H174517”, che propone una serie di cambi ritmo e sperimentazioni baciate dall’eleganza. Ma il disco non è solo rabbia, come dimostra la posata e riflessiva ballata prog “Sei per me”, né solo furore irrazionale come palesano gli sporcati accordi di “La differenza”, canzone dal sapore intellectul-noir. Insomma un Prodotto da ¡comprare! per la vitalità che esprime, per la qualità che sprigiona e per il curioso bonus dvd in cui la band regala ai fans il video di “Strane idee”, diretto proprio da chi ha il merito di aver fatto conoscere le nostrane 4noblondes: Luca Lucini.

L’intervista che segue è stata possibile grazie alla cortese disponibilità del gruppo. Portavoce della band è stata Tatiana, voce e chitarra de LA Menade.

1. Quale è la domanda che non vorreste mai sentirvi fare?

Non credo ci sia una domanda in particolare… Alla fine, come si dice? Chiedere è lecito, rispondere è cortesia, quindi resta sempre la possibilità di “sviare” una domanda particolarmente difficile o imbarazzante. Piuttosto, posso dirti che a volte quello che manca nelle interviste è un po’ di fantasia e che spesso ti trovi a rispondere alle stesse domande… questo renderebbe noioso un qualsiasi contraddittorio!

2. Le lettere greche nel vostro nome quale particolare genesi celano?

Le lettere greche di cui parli sono il lambda e l’alfa, ovvero la “l” e la “a”, che stanno semplicemente ad indicare l’articolo femminile singolare “la”…La scelta di usare questo carattere per il logo del gruppo, è legata al nome stesso: La Menade. Si tratta di un nome di derivazione greca, che precisamente significa “furente” e che sta ad indicare quella figura a metà strada tra il mito e la realtà che celebrava il Dio Dioniso (Bacco a Roma) in quanto sua sacerdotessa. La scelta è caduta su un simbolo che per noi racchiude un po’ tutto: dalle radici della nostra cultura, alla femminilita del nostro essere, alla rabbia che sfoghiamo attraverso la musica, sino al legame che sentiamo forte con la parte più debole ed emarginata della società. Questa è un po’ la sintesi dell’approccio che ci ha portato a stare insieme e a scegliere un nome che fosse un simbolo femminile forte, una donna indipendente ed impulsiva, ma al tempo stesso fragile vittima delle proprie pulsioni e passioni, nonché figura emarginata dalla società del tempo in cui visse, tanto che a Roma, dove venne importato il culto dionisiaco e le sue celebrazioni, queste vennero fortemente osteggiate dall’autorità, il culto proibito e le Menadi perseguitate.

3. Da dove arrivano La Menade?

Siamo tutte di Roma, ma di zone diverse, anzi direi diametralmente opposte!

4. Come è avvenuto l’ incontro con la Red House Recordings? In che maniera ha cambiato la vostra vita artistica?

Certamente è stato un incontro fortunato. Avevamo mandato del materiale perché avevamo saputo di una specie di concorso che era stato organizzato dal Red House per scegliere un gruppo da produrre: i ragazzi hanno scelto noi e così abbiamo avuto la possibilità di realizzare questo primo Ep. E’ stato interessante poter lavorare con dei professionisti, avvalendoci di una ottima strumentazione così come di valenti competenze. E’ stata un’esperienza stimolante che ci ha fatto senz’altro maturare sia singolarmente che come gruppo: ne ha tratto beneficio il sound complessivo, che ha acquistato compattezza e riconoscibilita. Consideriamo fondamentale questo primo lavoro, un po’ una sorta di primo passo indispensabile da compiere per raggiungere ciò che ora ci appare ancora più chiaro.

5. Perchè allegare all ‘ep un insolito dvd monotraccia?

Semplicemente perché volevamo dare al pubblico qualcosa di più che sei brani. Mi spiego. La scelta di realizzare un’Ep è stata il frutto di una serie di riflessioni che hanno tenuto conto del mercato discografico italiano, delle possibilità economiche e soprattutto dell’esigenza di studiare una discreta promozione: abbiamo deciso di puntare su un lavoro completo, in ogni suo aspetto, piuttosto che ricercare a tutti i costi la quantità numerica dei brani. Un modo per tastare il terreno.
Allo stesso tempo, abbiamo pensato che sarebbe stato un pensiero carino donare al pubblico un video ben realizzato come quello di “Strane Idee” e così si è deciso di inserirlo, con il risultato di avere un package promozionale che potesse soddisfare (almeno temporaneamente) i nostri sostenitori.

6. Quello che state vivendo in questo periodo è sogno o realtà? e. .. riuscite a distinguerlo?

Credo si possa dire tranquillamente che, anche se c’è una certa tendenza dell’essere umano a farsi trasportare dai sogni e dalle speranze e soprattutto ad illudersi spesso che le cose possano all’improvviso evolvere e prendere una piega insolita, le esperienze che ci hanno accompagnate in questi anni ci hanno insegnato a mantenere quel minimo di razionalita che dovrebbe evitarti grandi delusioni.
L’ambiente discografico italiano non appare propriamente predisposto ad accogliere proposte musicali “rock”, di quello intendo che non accetta compromessi, e di questo siamo coscienti. E’ vero che nella nostra musica c’è una propensione ad una certa musicalita che aiuta l’orecchio a districarsi in un sound che vuole essere comunque aggressivo e d’impatto, ma non so quanto ciò sia sufficiente a ipotizzare un futuro “di sola musica”, come dire.
La realtà è che attualmente ci riteniamo soddisfatte per il lavoro fatto e siamo grate a tutti quelli che ci hanno sostenuto e hanno collaborato con noi a realizzare una piccola parte del nostro sogno. Però questo, ammettiamolo, è un sogno faticoso e si rischia parecchio. E’ entusiasmante ascoltare la propria canzone alla radio o vedere il video trasmesso da un’emittente televisiva, rispondere alle interviste, parlare con la gente e anche ricevere critiche che non ti aspettavi o plausi a cui non pensavi: fa parte del gioco, è divertente. Bisognerebbe avere il coraggio di sperare che in un paese come il nostro, che non fa nulla per educare la gente alla musica o per avvicinare il pubblico alle nuove realtà musicali, ci sia un po’ di posto per gruppi che provengono da anni di serate in locali più o meno grandi, più o meno affollati, e che ciò nonostante hanno dimostrato di accettare piccoli e grandi sacrifici pur di continuare a fare musica.
La realtà in cui viviamo non lascia molto spazio ai sogni, ma la musica è fatta per sognare e sarebbe un delitto smettere di farlo.

7. Titolando la track h174517…sapevate di incorrere nella curiosità di molti. Io sono tra quei molti che si domanda: “perchè un titolo criptico?cosa significa?”

In realtà, non è un problema che ci eravamo poste. Cercavamo un titolo esemplificativo di un concetto che ci sta particolarmente a cuore, e che poi è un po’ uno dei drammi della società di oggi. L’essere umano è bombardato da impulsi esterni che mirano a destabilizzarne le radici, la cultura, l’individualità e la dignità. Si tende a dimenticare la centralità dell’individuo come essere assolutamente unico e ci è sembrato di percepire un costante tentativo di disumanizzazione. Di fronte a queste considerazioni, abbiamo voluto individuare un simbolo che rimandasse a questo tipo di problematiche. Così la scelta è caduta, grazie ad un’idea di Lucia (la letterata del gruppo), sul numero che Primo Levi aveva tatuato sull’avambraccio al tempo della deportazione nel campo di concentramento di Aushwitz. Come si legge ne “I sommersi e i salvati”, la politica del lager era tutta incentrata sull’annientamento dell’uomo, dapprima morale, poi fisico. Si mirava a privare ogni individuo del suo nome per privarlo di passato e di futuro. Ciascuno diventava un numero, veniva spersonalizzato e perdeva ogni traccia di dignità umana e di personalità. Il primo passo era lo schiacciamento della persona, il secondo la sua progressiva distruzione. Per questo, abbiamo scelto questo titolo: oggi esso appare un simbolo che richiama un tentativo di massificazione a cui abbiamo l’obbligo morale, come esseri umani, di ribellarci.

8. Cosa vi fa più paura tra il successo e l’ oblio?

Nessuno dei due, in realtà. La cosa che mi fa più paura, in realtà, è perdere il rispetto di se stessi, ma è un pericolo che si può evitare cercando di continuare a fare ciò che si ama secondo metodi e principi in cui si crede. Il successo è effimero, è qualcosa di piacevole e di entusiasmante (immagino…), e il vero successo spesso arriva a chi sa aspettare e propone un progetto vero e importante. L’oblio può far paura soltanto se si da al successo un valore superiore a quello che ha e se, a causa di ciò, ci si costruisce una visione distorta della vita e dei rapporti umani.

9. Se tornassimo indietro nel tempo, e aveste la possibilità di scegliere senza costrizioni un vostro brano per la soundtracks di “tre metri sopra al cielo”, per che brano optereste?

In realtà non ci sono state costrizioni nella scelta di “Wheeling”. Anzi, il brano è nato appositamente per commentare la scena della gara di motociclette, guardando le immagini e cercando di immaginare che tipo di ambiente poteva calarsi bene lì dentro. E’ stato un lavoro divertentissimo perché ci siamo ritrovate a fare qualcosa di assolutamente nuovo per noi. Alla luce di queste considerazioni, non ritengo che ci siano altri nostri brani che avrebbero potuto calzare meglio la soundtrack in questione.

10. L’ essere quattro donne è una scelta dettata dal destino o universalistico rivalsa contro un preponderante dominio maschile nel rock?

Diciamo che è una buona via di mezzo tra le due da te pro poste… L’idea del gruppo femminile è venuta soltanto dopo l’inizio delle ricerche dei componenti della band. E’ stata la conseguenza di una serie di fortunate circostanze che hanno portato sulla nostra strada Lucia e la sorella, Cristina. Quando ci siamo rese conto di avere creato un gruppo compatto e con un buon feeling, abbiamo semplicemente iniziato a suonare senza la pretesa di dimostrare chissà cosa. Crediamo fermamente che la situazione attuale, in cui si percepisce una sorta di predominio maschile, sia il risultato di un background culturale che per anni è rimasto inattaccabile. Il nostro intento non è quello di criticare gli altri, né tantomeno di gridare ad una rivoluzione femminile contro il potente-uomo. Noi vogliamo fare la musica che amiamo e attraverso questo provare a dare una mano ad un’evoluzione di cui si sente il bisogno, quanto meno per donare alla musica una visone diversa, una prospettiva inconsueta (non del tutto nuova) che l’universo femminile è perfettamente in grado di portare all’interno della società. Il nostro è un piccolo contributo, e tale vuole essere, ma è già qualcosa, credo.