Kuf “Pigna”, recensione
Vorrei citare e omaggiare integralmente chi ha deciso di scrivere la biografia, complimentandomi per minimalismo e chiarezza:
“Due parole proprio due.
I Kuf sono di Ravenna e sono nati nel 2014.
I Kuf cantano in italiano perché pensano in italiano.
Via Trieste é uscito nel 2015, è il primo disco.
Pigna uscirà il 17 novembre 2017, è il secondo disco.
I brani dei Kuf non sono registrati alla SIAE e non lo saranno mai.
La parola Kuf potrebbe significare tante cose, ma non significa niente.
I Kuf suonano musica dura: a volte no, a volte sì.
I Kuf si pronunciano con la U (no Kaf da anglosassone, ne’ Kiuf da mittel-europeo, ma Kuf da italiano).”
Nei miei (circa) 2000 articoli realizzati negli ultimi 18 anni è la prima volta che mi permetto di riportare integralmente un estratto dell’info sheet,ma credo ne valga la pena, proprio come vale la pena dare un ascolto attentivo alla nuova emo-release della band ravennate. Perche? Be’… per almeno due motivi: il fatto di essere licenziati da Dischi Bervisti e per il fatto di riuscire a coniugare la facilità con la buona arte narrativa.
L’album, aperto dal sound punk di Agosto,propone una semplice impronta figlia legittima di metà anni 90. Un suono diretto ed accogliente, anche grazie alla back voice, pronta a definire un cambio direzionale, finendo per calmierarsi d’improvviso ridefinendo chiare sensazioni Tarm.
Sin dalle prime battute sembra che il target di riferimento ideale (ammesso e non concesso che voglia esistere realmente) sia non solo quella realtà post adolescenziale dedita al mondo skater-emo-punk, ma anche quell’universo sociale che ha seguito nel tempo il coerente itinerario Punkreas. Infatti, potrei sbagliarmi, ma a me sembra proprio che Fin qui tutto bene sia uscita da quel periodo in cui ci si spingeva pogando sulle note di Aca Toro.
Il sound ruvido e grezzo racchiude nella semplicità e nella sua verve la propria anima concreta, che si fa (quasi) pop alternative in Matite, in cui sarcasmo e narratività addolciscono il modus operandi, piacevole e immediato.
Passando dal nobile citazionismo in battere di Tenco e Pasolini, si giunge poi a Milano, specchio di una generazione rivisitata attraverso omologazione raccontata e finzione inquieta. La traccia, assieme alla terminale Nebbia, si palesa tra le migliori canzoni del disco,anche dal punto di vista del songwriting, che riesce a ridefinire i contorni di un’epoca distorta e recitativa. L’ottima track appare, infatti, la punta di un iceberg in grado di uscire dai canoni attesi, pur convogliando sonorità easy.
Una comodità sonica che talvolta si incrina sugli sparuti passaggi rabbiosi ( Neve ) e sui bordi di una bass line in grado di definire buona profondità emozionale ( La tempesta ).
Insomma, un disco che soggettivamente non mi ha conquistato totalmente, ma… se avessi 20 anni in meno non avrei dubbi: comprerei il disco dopo un loro live.
Tracklist
01. Agosto
02. Fin qui tutto bene
03. Matite
04. Tenco e Pasolini
05. Per farti più male
06. Milano non esiste
07. Neve
08. Divani
09. La Tempesta
10. Nebbia