Just enough education to perform, Stereophonics

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La prima volta che ho sentito gli Stereophonics (al tempo di Performace And Cocktails) ho pensato che, non sparatemi, fossero gli Oasis improvvisamente usciti dal loro trip beatlesiano e giunti finalmente negli anni ’90.
Effettivamente, a trarmi in inganno, e’ stata la voce di Kelly Jones, il cantante e chitarrista del gruppo, che ha un timbro molto simile a quello di Liam Gallagher, anche se piu’ raschiato e meno antipatico.
Devo dire pero’ che il disco mi era piaciuto molto e quindi ero curioso di sentire anche questo Just enough education to perform, uscito quest’anno.

Che musica fanno? Mah, diciamo un mix di pop (per l’attitudine melodica) e di rock un po’ piu’ sanguigno che fa venire in mente come riferimento il Paul Weller di The Peacock Suit e, per il suono in alcuni punti, certe cose dei Black Crowes (Vegas two times, per esempio).

Nel libretto accluso, di ogni canzone (come nel precedente), ci sono delle note personali di Kelly Jones su come il pezzo sia nato.
Cosi’ scopriamo, per esempio, la difficile gestazione di Mr. Writer (primo singolo estratto dall’album), rimasta nel limbo della sua testa per mesi, tra tentativi con il piano e overdub di chitarre variamente filtrate, culminate in un drink per festeggiare il completamento della canzone. Oppure che Nice to be out e’ stata scritta durante un viaggio in treno in Germania e Have a nice day dopo aver ascoltato i discorsi di un tassista.
A dir la verita’ il punto di forza di questo cantante in formato tascabile (guardate i video e ve ne accorgerete) non sono proprio i testi. Tipo Everyday I think of money dove parla di un portavalori (“I drive a truck, it carries money”…!), o anche la gia’ citata Mr.Writer dove la sua rabbia con i giornalisti viene espressa in maniera un po’ rudimentale.

Al contrario il disco e’ suonato bene, con riff divertenti e armonie curate che, pur strizzando l’occhio alle chart, mantengono una dose di originalita’ piu’ che sufficiente.
In generale il disco si lascia ascoltare ma rimane come in sottofondo: anzi, forse l’unica cosa di cui si sente veramente la mancanza, rispetto a Performance and Cocktails sono dei pezzi che ne accelerino un po’ il ritmo.

Insomma, un disco onesto, ben suonato e cantato (Jones ha una voce che mi piace) ma senza grosse sorprese, un po’ opaco.
Molto meglio, se non avete mai sentito questo gruppo, guardare alla produzione precedente, sicuramente piu’ interessante e spumeggiante