Johnny Freak “Sognigrafie”, recensione
Dopo poco più di tre anni, mi ritrovo a parlare ancora dei Johnny Freak, band frosinonese che, sotto l’egida della Red Cat Records, torna alle (ri)stampe con Sognigrafie. L’album, che risale al 2007, oggi viene, infatti, riproposto in uno straordinario formato vintage: il vinile.
Inutile nascondere il mio personalissimo entusiasmo.
Il vinile…un poco come il punk, non è morto, ma ancora oggi frutto dei desideri di chi ama la musica ascoltata con attenzione, attraverso un naturale calore ed una malcelata melanconia. Il ritorno, timido ma benaugurante, del trentatre giri, sembra essere tornato motivo di interesse anche al di fuori del collezionismo e della concettualità oggettistica della musica. Infatti, complice un parziale e progressivo rifiuto dell’assurdo, fagocitante e misero ascolto digitale, il sacro vinile appare una “nuova” frontiera dell’ascolto.
Spinti così dal motore crowdfounding Musicraiser il quintetto è voluto tornare nel proprio passato, attraverso una (ri)editazione delle dodici tracce d’esordio.
Il disco, vestito dalla nuova illustrazione di Lucrezia Coccia, si apre sulle note osservative di un rock ricco di sfumature, in grado di far confluire lo stampo tipicamente nostrano con divergenze che sembrano giungere dall’alternatività di fine anni’90. Il brano, raccontato attraverso una linea vocale espressiva, ma non eccessivamente tipizzata, sembra voler chiudere nei confini della partitura poetiche immagini, vibrate sotto i leggeri cambi direttivi, pronti a portarci tra i sentieri bianchi di Gli alterati, in cui la voce filtrata esplode seguendo impronte negroamariane, attraverso sensazioni armoniche ed accoglienti, che rendono il brano easy, ma tutt’altro che banale. La traccia, ricca di citazioni, vive di un’impronta sonora che suona convincente, nonostante alcune avventure timbriche fuori linea.
Il disco altro non è che la Storia di un sogno che si avvera, quando le emozioni folli di Quasi notte giocano con l’ascoltatore, attento a visionarie sinfonie eclettiche e (per certi versi) psicotiche, che si avvinghiano all’imminente Notte, magica storia che ritrova, proprio come la cover art, un immaginifico utilizzato anche per la letteratura dell’infanzia. Anche se l’impostazione della traccia sembra essere resa aspra ed inquieta, offre, nel suo volgere, un’apertura armonica d’impatto, grazie a strutture sonore schiuse e semplici, su cui gioca la sei corde e l’impronta lineare del drum set.
L’album, senza troppi dubbi, riesce a scherzare con gli intuiti narrativi della band, qui in grado di valicare lo spoken word dei Labirinti viola, sino a giungere alla delicatezza delle note bianco e nere Almeno e alla perfetta chiusura di Innocente tra le smorfie 2, macchiata da blando rumorismo, finestra su di un racconto surreale, in cui voci lontane e diluite si intrecciano calcando un sentiero teatralizzato, pronto a definire il disco d’esordio come un’opera da ascoltare con attenzione…perché solo così godrete di un arte emozionale che i Johnny Freak hanno da sempre.