John Scofield, Past Present recensione dell’album.
John Scofield ha una storia tale da non richiedere introduzioni e da far guardare ogni sua uscita con preventivo, condizionato interesse. Come sempre i gusti personali hanno l’ultima parola e vanno sempre bene, ma un musicista così merita intanto rispetto ed attenzione costanti.
Arriva il nuovo lavoro, fine ottobre 2015 mentre ve ne parlo, ed è uno dei ritorni di Scofield a formule utilizzate in passato, così come magari nell’immediato futuro potrà partire un progetto di tipo nuovo. Qui torniamo con Joe Lovano al sax e Bill Stewart alla batteria, in una line-up a quartetto che stavolta al contrabbasso ha Larry Grenadier, famoso soprattutto per la lunga militanza nel celebrato trio di Brad Mehldau.
Sapete che c’è di bello qui? Che dovrete leggermi ancora per poche righe; c’è infatti più da ascoltare che da parlare. È un progetto in cui Scofield ha scelto suoni, atmosfere, composizioni e mood davvero genuini, di grande o grandissima eleganza sul piano estetico e formale -anche per via del cast notevole- ma con linee, assoli, armonie che non vogliono mai cercare l’effetto stupefacente (cosa in assoluto non negativa, lo dico per chiarezza) quanto raccontare musica, godersi il suonare stesso. È il sound stesso a farsi portatore di tutto questo, coi legni del contrabbasso, il fiato nel sax, la batteria carnosa e vicina, il timbro come sempre caldo e non levigato della chitarra.
Non si cercano stoffe e sete per decori sontuosi, nulla di patinato viene fatto entrare nella stanza, col risultato che jazz e blues sono gli unici protagonisti di una musica immediatamente fruibile, palesemente resa bella anche grazie ad esecuzioni da fuoriclasse ma con virtuosismi che, pur presenti, assecondano il brano anziché determinarlo.
Non è (più) semplicissimo ascoltare una novità che abbia questi sapori. Tornare al far musica per il gusto di suonare roba buona, magari senza particolari spunti innovativi ma puntando tutto sulla godibilità, è un rischio verso il banale che pochissimi possono permettersi, mentre gli altri adottano una più rassicurante ed esplicita banalità senza rischi. Scofield come speso gli accade non fa il capobanda e si mette a servizio del gruppo e della musica stessa, sicché il quartetto viaggia uniforme e compatto.
Se accettate l’assenza di fuochi d’artificio e focalizzate il vostro desiderio di ascolto su musicalità, classe e qualità questo è uno splendido lavoro.