Joe Bonamassa – Roma 13 dicembre 2009
Questo “ragazzo”, che a soli dodici anni ha suonato in un tour con Mr. B.B. King, si presenta all’Auditorium Parco della Musica, nella sala Sinopoli, registrando un quasi tutto esaurito.
Il concerto inizia alle ventuno spaccate e vede Joe accompagnato da basso, batteria e organo Hammond, una delle più classiche formazioni Blues.
L’inizio è davvero impressionante, Joe fa capire subito a tutti di che pasta è fatto e l’amalgama tra i quattro musicisti è eccellente, col chitarrista californiano che tende comunque a coordinare la band. Il suo sound è composto da uno stile chitarristico che è un miscuglio di vari tipi di Blues riadattati a volte in chiave moderna, senza però distaccarsi troppo dalla tradizione e da una voce timbricamente “bianca” che si sposa perfettamente col genere, spaziando però in sonorità un po’ più moderne.
Le dinamiche all’interno delle canzoni sono davvero impressionanti, il gruppo dialoga in maniera perfetta con la chitarra (Gibson Les Paul) magistralmente maneggiata. Le dita della mano sinistra scorrono velocissime lungo la tastiera: accordi di tutti i tipi e soli al fulmicotone che si spostano da un box all’altro, capaci di non annoiare mai. La mano destra, invece, si alterna tra plettro e finger-pick, spostandosi spesso sui potenziometri in modo da regolare alla perfezione volume e toni della chitarra per creare suoni accurati e atmosfere intense. Pochi pedali (cosa che io adoro) e due amplificatori con due cavi separati per non confondere i vari suoni: canzoni più soft con una chitarra e un amplificatore, canzoni più forti con l’altro ampli e l’altra chitarra.
A metà concerto si apre la parentesi acustica, la band lascia il palco al solo Joe che, imbracciato la chitarra, comincia a introdurre il pezzo. Da prima una semplice ballata che si trasforma quasi subito in un susseguirsi di assoli e accordi particolari: tutto il pubblico a bocca aperta. Joe si dimena spostandosi da una parta all’altra del palco. Un blues frenetico, interrotto ogni tanto da qualche breve pezzo calmo tanto per creare quella tensione che hai chitarristi piace tanto. Viene eseguito solo un pezzo però lungo, capace di rendersi accattivante dai continui cambi di tempo e con vari “special” sparsi qua e la, conditi con assoli sempre adatti alla situazione.
La band fa il ritorno e si ricomincia con lo spettacolo elettrico, con una parentesi durante un momento di silenzio, quando dal fondo della sala parte un simpatico: “bravo Giovanni!!” e giù tutti a ridere mentre Bonamassa s’inorgoglisce. Si termina con Joe scatenato più che mai e galvanizzato dal pubblico in delirio.
La band lascia il palco tra le urla della gente che reclama il bis, che ovviamente non si fa attendere. Appena rientrato Joe fa cenno al pubblico di lasciare le proprie sedie e di portarsi sotto palco, gesto accolto all’inizio con un po’ d’incertezza (non da me….quando sono andato sotto palco ero da solo!) ma che poi viene subito seguito. Si ricomincia il bis con un pezzo quasi Hard Rock, che poi diventa un medley, con l’omaggio a Jimmy Page sulle note di una paurosa Dazed And Confused. Un finale che manda tutto il pubblico alle stelle e Joe più sudato che mai che si avventura sempre di più nel magnifico mondo dell’ Hard Rock con soli su soli.
L’aneddoto della serata è però l’inaspettata sorpresa alle mie spalle (non pensate male!). Durante l’esecuzione del pezzo, non so perché, mi sono girato e li ho fatto la scoperta del secolo: a non meno di tre file da me c’erano degli “osservatori” speciali. I DEEP PURPLE, si proprio loro, a Roma per il concerto svoltosi il giorno prima, tappa del loro tour europeo. Il fatto di trovare tra il pubblico una band come la loro, che ha contribuito alla creazione dell’Hard Rock, completamente rapita dalla bravura di questo chitarrista, ci fa capire quanto Joe Bonamassa rappresenti un punto di svolta stilistico della chitarra di oggi, ma sopratutto è la conferma della sua figura come futuro della chitarra Blues e Rock Blues.