Jack Johnson – To the sea
Menestrello da spiaggia. Così ci piace simpaticamente definire Jack Johnson.
Qualora vi capitasse di ascoltare alla radio una melodia che sta fra la “ninna nanna” e la tipica canzone che intonereste volentieri intorno ad un falò al tramonto, è molto probabile che si tratti proprio di un suo pezzo.
Badate bene, non si tratta solo di una questione di stile, ma di qualcosa di più significativo; potremmo parlare addirittura di una “filosofia di vita” ispirata al mondo – un po’ da favola – del mare, del surf, dell’ estate, del divertimento, della spensieratezza e in parte anche dell’ecologia.
Dopo il successo planetario (non così evidente in Italia, tanto per cambiare) dei primi 5 album, chiunque al suo posto avrebbe deciso, magari convinto da qualche buon stratega del marketing, di cambiare totalmente strada, percorrendone di nuove e più redditizie, anche per non rischiare di annoiare il proprio pubblico, ormai ampiamente abituato alla sua produzione passata. E invece, neanche per sogno: Jack Johnson non ha, a quanto pare, alcun timore di tediare i suoi fan (anche perché, fondamentalmente, sembra suonare più per sé stesso che per loro); e ciò – a nostro modesto avviso – rappresenta paradossalmente tanto il suo (eventuale) limite quanto la sua oggettiva fortuna.
Certamente fortuna commerciale (“To the Sea” è subito schizzato al primo posto nella classifica Usa), ma soprattutto artistica, visto che oramai ciò che ci si aspetta da lui è proprio questo: essere cullati dalle sue “coccole acustiche”, mentre ci si adagia su un’ideale amaca piazzata fra una duna di sabbia e qualche onda dal colore acquamarina.
Le sue storie più belle, accompagnate prevalentemente da qualche chitarra, sono semplici e delicate come la brezza del vento che quasi sempre riesce ad evocare e ci si stupisce come ogni volta le sinuose melodie riescano a suonare così accattivanti e nuove, pur somigliandosi di fatto l’una con l’altra.
L’esempio emblematico di tutto questo è rappresentato da un pezzo bonsai, intitolato “When I look up”, nel quale in soli 58 secondi riesce a concentrare tutte le sue qualità, così come nella brevissima “Little girl”, dove una semplice dichiarazione d’amore diventa la scusa per un piccolo gioiello folk (che bello sentire le sue mani muoversi sulle corde della chitarra!!)..
Ma la lista delle “hawaian soft tunes” continua ancora con “Anything but the truth”, “No good with faces” (forse la più affascinante, dal ritmo leggermente più veloce, impreziosita dal suono di una splendida armonica) ed “Only the ocean”, che, se ne avrete voglia, vi trasporteranno nell’habitat preferito dall’autore di cui abbiamo parlato nell’introduzione di questa recensione.
Quando Jack cerca, invece, di mettere la testa fuori dal suo recinto preferito, delimitato dalle ballate da sogno, magari intonando qualche canzone uptempo che faccia il verso alla sua più celebre hit (“Upside down”), i risultati solo alcune volte lasciano il segno (il singolo apripista “You and your heart” o “From the clouds”). In altri casi invece sembrano decisamente fuori dalle sue corde, come in “At or with me”, o nella stessa title track dove accenna malamente ad invadere il campo “rock” del celebre amico – in musica e in surf – Ben Harper.
Ma state tranquilli: il nostro Johnson, come detto, vuole solo sentirsi libero di registrare quello che vuole. Noi parimenti ci sentiamo liberi di utilizzare quel prezioso tasto “skip” ogni (rara) volta che ne sentiremo il bisogno, senza per questo cambiare il giudizio generale (più che positivo) sulla sua musica così dolce e fresca.