J.S.Bach – L’arte della fuga BWV 1080
L’Arte della fuga si è andata ad inserire nel filone delle opere “postume” o “incompiute”, che nella storia della musica, anche non necessariamente “colta”, hanno acquistato un alone di mistero e di fascino già in età romantica.
Questo si deve soprattutto alla mancanza di indicazioni strumentali in partitura: cioè Bach non assegna la sua opera a strumenti particolari se si eccettuano due fughe da eseguirsi con due clavicembali, ma anche per la successione non sequenziale con la quale la intese, suggellandola poi con un Corale che è un po’ il suo ultimo saluto.
L’opera ha anche significati esoterico-numerologici che erano particolarmente cari a Johann Sebastian, tanto da autoimporsi nella composizione vincolanti schemi numerici.
C’è da dire però che l”Arte della fuga”(arte nel seicentesco significato di scienza) è il proseguimento ideale di quello che è il compendio dell’arte musicale barocca che il Maestro ci regalò a partire dal Clavicembalo ben temperato e quindi è stata progressivamente inserita nel repertorio clavicembalistico e successivamente pianistico.
Bach scrive una serie di fughe e contrappunti che non sono mai “esemplari” per lo studio della forma, ma riesce a farci entrare musicalmente in un mondo dai meccanismi assai complicati, senza mai perdere quella profondità e linearità caratteristiche anche delle sue
opere più libere da vincoli formali.
Certo non si può dire che questo lavoro abbia avuto la fortuna interpretativa del Clavicembalo Ben Temperato o delle Variazioni Goldberg, ma resta intatto il suo particolare fascino che ha colpito anche Ramin Bahrami, “giovane” pianista ormai quasi di casa nel nostro paese ma nativo di Teheran.
Il pianista iraniano si pone nella tradizione pianistica che faceva di Bach il cardine della tecnica e del repertorio di un pianista e di Gould e Richter gli insostituibili punti di riferimento dell’esecuzione delle sue opere, originariamente destinate al clavicembalo.
Bahrami ci consegna una versione molto intima dell’arte della fuga, il suo approccio non è mai distante dallo studio della partitura e dalla ricerca di una lettura quanto mai compatta del suono e del ritmo; superlativa la sua capacità di mettere in evidenza con nettezza le voci pur lasciando inalterato il risultato sonoro, acciaccature e mordenti sono sempre cristallini.
Certo l’interpretazione di Bahrami non cattura subito la nostra attenzione come fa Gould
quando diventa meccanismo delle macchine barocche bachiane o Richter con il suo suono
eccezionalmente cantabile, ma l’impresa del pianista di Teheran è forse più ardua e lo stesso Gould non sempre ha vinto la sua scommessa con Bach (ascoltate le Toccate).
Da segnalare la versione di Goebel* di questo lavoro che assegna la partitura a più strumenti cari a Bach: clavicembali,viole da gamba, violini (sempre con strumenti originali), col risultato di una maggiore tridimensionalità.
Reinhard Goebel, Musica Antiqua Koln ( CD – Archiv)