J Ax – Deca Dance. Recensione
Devo mantenere un’altra parola data.
Ultimamente capita spesso che gli artisti mettano i loro cd a dei prezzi non alti, non solo per venire incontro alla crisi del mercato discografico, ma anche per racchiudere in più lavori i loro concetti. Così facendo un cantante qualsiasi può occupare un arco di tempo molto ampio nelle hit parade, contando sulla, sempre, grande attesa della prossimo lavoro. Mossosi dopo le date prestabilite, J-Ax ha deciso, finalmente, di regalare all’Italia il secondo capitolo della descrizione della sua Italia, stavolta, però, in maniera diversa: forse in vena più leggera e malinconica.
“Deca Dance” non è un capolavoro e non sa superare il precedente “Rap N’ Roll”, ma grazie a vari elementi il progetto può risultare interessante: non solo le innumerevoli collaborazioni ( parto, anche, di lavori precedenti ), ma anche le molte citazioni che legano più fans alla musica di J Ax.
La domanda che J Ax si pone è la seguente: ma chi è che stava meglio? Noi o Loro?
La risposta si ha lungo le tracce: si tratta di varie immagini dell’Italia, tra i lavori giusti e quelli sbagliati, descritta attraverso una poetica molto più autobiografica che si addentra nei meandri della malinconia e della denuncia, cercando di far rivivere i migliori ricordi non solo della muscia, ma anche della storia, per fare, poi, un paragone col moderno.
Non esiste una frase ugualmente bella per descrivere la sorpresa che si può avere nel sentire l’inizio del cd: “Vecchia Scuola” è un brano che riprende tutti i concetti possibii e immaginabili su cosa significhi quell’accostamento di parole; il tutto è dettato, soprattutto, dal maestro ( anche se ultra-moderno ) di questa fazione: Jovanotti che, da seconda voce, poi diventa il vocalist dell’ultimo verso. Eccoci alla title-track: “Deca Dance”, un ballo nuovo che ricorda i bei tempi, intesi come rappresentanza di quello che si è e di come si è cresciuti ( da notare le ovvie citazioni alle canzoni degli 883: “Con Un Deca” e “Nella Notte” ). Collegata a quest’ultima è “I Bei Tempi” ( la numero 4 ), che passa quasi inosservata. Sorprendentemente non malvagioil secondo duetto del progetto: “Il Commercialista” ( feat Marracash ), una figura quasi sessuale che sa bene come fare il lavoro. Molto profonde “Come Un Sasso” ( tutto quello che si fa, lo si fa come rivincita per chi non credeva in lui ), “I Love Paranoia” ( il voler andare contro tutte le vredenze assurde ) e la meravigliosa “Anni Amari”, una canzone densa di una verità che fa male: il volere di più di quello che si ha per non cadere nello stereotipo; il tutto aiutato dall’incredibile chitarra blues di Pino Daniele. Veramente mediocre il brano “Willy L’Orbo” in duetto con Grido dei Gemelli Diversi. Un ottimo finale, invece, viene dato dall’energetica “Vendesi Idolo”, brevemente introdotto da un discorso conclusivo, come se l’intero disco fosse uno spettacolo.
La tematica base è una: la malinconia per i bei tempi. Ma a questo si aggiunge una rabbia abbastanza repressa, non si sa per quale motivo, che pare buttarsi contro delle critiche che gli sono state fatte. J Ax proclama a voce alta la sua personalità, senza vergognarsi di nulla, ma il tutto risulta ripetitivo e non proprio accattivante come dovrebbe essere. Manca il sound dell’album precedente e la voglia di raccontare qualcosa, poichè anche musicalmente il cd è notevolmente penalizzato rispetto al precedente album.
Decisamente non è stata una bella mossa mettere un lavoro in due cd, poichè tutto quello che si salva di “Deca Dance” lo si poteva mettere in “Rap N’ Roll”. Se non fosse per le collaborazioni e le citazioni, il disco non sarebbe oggetto d’interesse.
Da avere solo per i fan veri dell’ex Articolo 31 e per quelli che hanno comprato il lavoro precedente: risparmiatevi l’acquisto e godetevi quello che c’era prima.