Iriondo-Coletti

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A dire il vero non sapevo neppur se il “Mangianastri” dell’hi-fi fosse ancora funzionante. Infatti, sono davvero passati lustri dall’ultimo utilizzo di una qualsiasi cassetta, ma il ritrovarmi di fronte al mio primo antico passato è stato stimolante, curioso e ovviamente nostalgico.
Così, tolta la polvere dal tasto tape, mi sono ritrovato a ripercorrere un sentiero più volte battuto, attraverso il suono del nastro che scorre sulla testina, ritrovando per pochi attimi protagonista di una magia perduta, ma inevitabilmente legata a ricordi ed emozioni.

Lato A

A dare battesimo al primo lato bianco di Polvere è un’assorta sei corde, indisturbata nel suo voler essere, mentre piccole pulviscoli sgranano il suono sporco del nastro pronto ad introdurci in una dimensione lontana, disorientata e disorientante, da cui si ergono piccoli interludi free noise.
Un piacevole continuum narrativo che deturpa il suo onirismo attraverso sabbie rumoristiche che trovano una gradevole aurea acustica in Bubbles. La track si forma attorno alla dolcezza narrativa di Mattia Coletti che, con la sua abilità osservativa, si adagia su ideali liberi tipici di Xabier Iriondo, qui alle prese con sonorità oscurantiste e cicliche, immerse in un sapore fortemente seventies, in grado di richiamare spezie barrettiane, per poi inoltrarsi in modulazioni vicine all’arte indiana, complice la strumentazione inusuale utilizzata dalla partitura.
Non mancano poi interazioni sonore tra audaci idee e sampler, in grado di fondere radici lontane con trovate criptiche e disorientanti.

Lato B

Il dolce suono meccanico del foward ci porta al lato secondo tra le piccole donne in catene, episodio in cui prosegue al meglio lo sviluppo sonoro del duo, perfetto nell’isolare concetti sonici attorno ad un fil rouge lineare e visionario al tempo stesso, tanto da farci tornare ad immagini antonioniane, assestate tra psichedelici odori e iconografia d’autore. Un viaggio cripto-lisergico che si avvale delle note di Glauco Salvo e del suo banjo in Fire at the beach e The polver’s fareweel.
Le strutture vocali, attraverso la loro funzionalità, tranciano l’obiettivo formativo e informativo di un disco… anzi di una cassetta che, sotto le ali di Fabrizio Testa Produzioni e Old Bicycle Records, nasconde la voglia di comunicare senza eccessi e senza demagogie.

Siamo fatti per pensare, dunque dobbiamo essere pronti a farlo, senza subire ma ragionando, attraverso i suoni magici di un mondo che non vogliamo lasciare, ma vivere attraverso ragione e sentimenti.