“Intrusi a Sanremo” Joyello Triolo, recensione
Il primo Sanremo che ricordo nitidamente è quello del 1980; ricordo la strana capigliatura di Claudio Cecchetto, la follia di Benigni e la voce di Toto Cotugno. Avevo 6 anni e Sanremo rappresentava per un bimbo come me un motivo di riunione familiare. Infatti, per tutto il periodo degli anni ‘80 la tradizionale kermesse sanremese aveva il potere di riunire in un’unica stanza tutta la mia famiglia: i nonni legati ai ricordi di Nilla Pizzi e Gino Latilla, i miei genitori affezionati a Celentano, Cinquetti e Bobby Solo ed io, curioso tra loro, mi ritrovavo affascinato dalle canzoni meno convenzionali, ma aperto comunque alle armonie.
Adoravo gli intrusi sanremesi, d’altro canto già negli anni ‘80 io ero quello che chiedeva alla mamma i vinili dei Maiden e dei Death SS. Oggi dopo 40 anni (lordi) di Sanremo mi ritrovo tra le mani uno splendido libro in grado di raccogliere tutto ciò che ho apprezzato di un festival che non ho mai amato realmente, ma che, volente o nolente, ha da sempre accompagnato la mia vita.
L’autore di questo Intrusi a Sanremo è Joyello Triolo, poliedrico personaggio dalle multi-personalità (musicista, informatico, giornalista…) che torna sotto l’egida della Crac Edizioni dopo La discografia ragionata di Faust’O.Fausto Rossi pubblicata nel 2014. Questa nuova release dell’editore anconetano si colloca, a mio avviso, tra le migliori opere dedicate al Festival per eccellenza, mostrandone solo una piccola parte (quella propriamente più interessante), attraverso un percorso cronologico in grado di raccontare deliziose pillole narrative intercalate tra scandali, misteri ed innovazione.
Il viaggio nella Riviera dei Fiori ha inizio con uno dei più riusciti capitoli del libro, quello dedicato agli albori del festival sanremese degli anni’50. Un mondo solo apparentemente leggiadro e spensierato. Infatti, tra satira contro i potenti, arrangiamenti scellerati e i primi sentori jazz, il festival ha, sin dal principio, fatto parlare di sé.
Nella timeline esposta dall’autore ci si ritrova poi a rivivere la “rivoluzione rock” degli anni ‘60 con le urla di Tony Dallara, l’eleganza di Mina e l’afonia di Bobby Solo ,oltre alle polemiche della RCA e alla morte di Luigi Tenco, ancora avvolta nel mistero.
Anni fiorenti per un festival che, come raccontano i cromatismi lessicali e composti di Triolo, non ha mai fatto mancare intrusioni e bizzarrie, interposte tra le polemiche celentaniane e “l’intruso più intruso dell’intera storia del Festival”: Louis Armstrong.
Il libro ha di certo il merito di riuscire a restituire al lettore un quadro straordinario di ciò che Sanremo ha da sempre rappresentato, non solo sul palco e nelle classifiche, ma anche in ambito gossip, nutrimento essenziale per curiosi e giornalisti. Così, tra follie espressive (Francesco Salvi), hair metal (Dhamm), genialità (Elio e Statuto) e censure (Dalla) la narrazione ci conduce sino ai giorni nostri, ponendo l’attenzione su intrusi d’eccezione (Afterhours, Van De Sfroos, Marlene) e sull’invasività dei talent sons.
Insomma, un libro perfetto… che, come un ottimo disco o un bel film, termina portando con sé la voglia di ripartire dall’inizio.