Infrared – Infrared – eecensione EP
Se dovessi definire sinteticamente Infrared, l’extended playing d’esordio dell’omonimo quartetto rock milanese, le prime parole che mi vengono in mente sono “Energia Dark”. La grande forza che emana dalle cinque tracce del disco, infatti, è compensata da un mood piuttosto cupo, che ricorda vagamente i migliori lavori dei Lacuna Coil e degli Evanescence, (accostamento dovuto anche all’affascinante voce al femminile di Tania Tiozzo) con l’aggiunta di qualche venatura grunge, ma che, in ogni caso, risulta assolutamente originale. In altre parole, i brani sono tutti caratterizzati da una doppia anima: suadente e melodica da una parte, ma potente ed esplosiva dall’altra.
La sezione ritmica (Giovanni Mori al basso e Fabio Cau alla batteria) garantisce costantemente vigore alle canzoni, lasciando al bravissimo chitarrista Marco Fantin il prezioso compito di ricamarle con riff ed assolo come se piovesse. Il tutto fornisce una piacevole sensazione di solidità e maturità al progetto, diretto con meticolosità (nulla sembra lasciato al caso) dal co-produttore Michele Violante.
Parlando più specificamente dei diversi brani di Infrared, l’apripista “Time” è già rappresentativa, musicalmente parlando, di quanto sin ad ora anticipato. Quanto al testo, parla dell’epilogo di un rapporto, visto attraverso gli occhi di uno dei due partner, che non vede ormai più nessuna possibilità di ritorno dei sentimenti e dell’entusiasmo di una volta, e per questo non desidera altro che fuggire via, per sempre. Le bacchette sui tamburi di Cau e le scosse elettriche di Fantin ci danno dentro pesante nell’incipit di “That day”, che presenta poi un refrain più melodico e ricalca il medesimo tema della precedente in maniera ancora più esplicita (“What we lost will not come back – And If you tried to take my everything -You would losing it anyway”).
“Wounded” è una ballata intensa che forse non a caso è stata piazzata in mezzo, in quanto verosimilmente la più radiofonica e significativa delle cinque. La passione emanata dalla musica si riflette anche nelle parole quando parla di lasciarsi trasportare totalmente e senza inibizioni dalle proprie sensazioni, dimenticando ogni cosa e superando ogni tipo di (eccitante) paura. In “Once More” regna sovrana la bass line di Mori che guida il resto dei compagni dall’inizio alla fine, evidenziando che ognuno dei membri ha potuto dimostrare il proprio valore. La cavalcata “Secrets and lies” chiude le danze con un’impostazione vocale della Tiozzo che sembra uscita dall’ugola e dalla mente di Melissa Auf Der Maur delle Hole (ascoltarsi la sua “Follow the waves”, per capire di cosa stiamo parlando) e di certo dimostra ulteriormente la versatilità stilistica della band, in ambito hard rock.
Tirando le somme, il gruppo lombardo dimostra di avere le carte in regola per presentarsi al più presto sul mercato con un lavoro più ampio e magari sfidare il mainstream nello stile di riferimento. Fino ad allora, non resta che goderci questo assaggio di sempre positive (per la musica italiana indipendente) “potenzialità espresse.