I plebei “Eterna è la tensione di clavicole, ingranaggi e leve”, recensione
“Sto chiuso dentro, si ma guardo fuori”
Nocturno Culto, Necrobutcher, Lord Ahriman…si sicuramente mi sento più a mio agio disquisendo di tali nom de plume, perché, da sempre, appartengono al mio ego oscuro; pertanto, ritrovarmi di fronte a Caloggero, Cateno, Zibbonio, Saulo e Coluccio…un poco mi ha destabilizzato.
Ma nessun problema…(R)Esistendo alla tentazione soggettiva, ho attuato mosse e contromosse andando oltre l’apparenza.
Così, ispirato dall’ottimo packaging e dall’inusuale composizione grafica della cover art, mi sono adagiato sulle note di Vincenzo Palombo, anima scrittoria de I plebei. Il nome scelto dalla band, ormai attiva dal 1996, pur portando alla mente reminiscenze progressive, si schiude attorno ai tre vertici espressivi di Folk-Blues-Pop, posti in questo esatto ordine concettuale.
Infatti, questa nuova creazione della band TRENTINA (lo scrivo maiuscolo perché lo sto urlando), appoggiandosi su stilemi sonori diversificati, mostra il proprio snodo su di una ricerca e modulazione del lessico che, tra venature barocche ed iperboli inattese, gioca con le parole, donando ad esse un nuovo orizzonte interpretativo, giungendo così a mostrare un arguto insieme di layer interpretativi.
Quella piccola porticina in legno pensata da Giulia Tarter si apre a mezzo di una voce calda e profonda pronta a raccontare una mistura di filosofia ondulande, presa dal desiderio di tornare alle proprie origini. Una base blues, che ricorda le modalità espressive di Pino Daniele, va a legarsi a spezie in levare, qui inquinate da mediterranee sensazioni, interposte tra fisarmonica folk e mescolanze di generi, resi limpidi e narrativi grazie ad un accorto songwriting difficile da categorizzare, proprio come dimostra l’introduttiva Africa.
Con Che ne capisce la scimmia poi le vesti si tingono di spensierata allegria, che ci invita a rivivere angoli Ska P assieme alla teatralità caposelliana, palese tra le note di Papirossen in cui l’animo yiddish apre straordinarie spezie balcaniche.
Il viaggio, tra le influenze più disparate, prosegue poi tra (combat) folk e resofonia zibbaniana ( I fortini del sud ), da cui si scosta uno spiraglio vintage che ricorda il miglior Tonino Carotone in Mosse e contromosse e l’arte recitativa della non-forma-canzone tra i passaggi de Il ragno stanco.
Torniamo al contenitore musicale con la strumentale e giocosa Serendipity circus, specchio di una circense giocoleria sonora che, con la sua formula rodata, ci (ri)porta non solo verso i balcani, ma anche lungo reminiscenze soviet, per poi traslare verso il buscaglionesco mondo di La lusinga di Lucifuge Rofocal, allegria swing che riconcilia con il nostro passato musicale, per poi mutare verso una calmierante struttura minimale posta tra spensieratezza ( Amorismi ) e anima blues (Joe).
Tracklist
01 Africa
02 Che ne capisce la scimmia
03 I fortini del sud
04 Mosse e contromosse
05 Papirossen
06 Il ragno stanco
07 Serendipity circus
08 La Vita che se ne va
09 La lusinga di Lucifuge Rofocal
10 Amorismi
11 Joe