Hugh Fielder “Pink Floyd al di là del muro”, recensione
Ci sono band che non hanno tempo, che vogliono, ma soprattutto posso, vivere a prescindere dal luogo e dallì’epoca. Artisti in grado di estraniarsi in maniera naturale dalla relazione con il qui e con l’adesso, mostrando sinapsi germinali atte a forgiare qualcosa di inatteso ed unico. Non sono molte le band che possono considerarsi parte integrante di questa elite creativa, e di certo saranno sempre meno, a causa di una fisiologica impossibilità di storicizzarsi, in un era sintomatologicamente affetta da brevismo tecnologico.
In questo immaginifico Olimpo, senza troppe titubanze, possiamo ritrovare i Pink Floyd, non solo per ciò che hanno creato agli albori della psichedelica, ma anche e soprattutto per come sono riusciti a delineare uno straordinario mondo inventivo, fatto di avvolgenti show light, straordinarie narrazioni e tecnicismi espressivi senza eguali.
Parlare dei Pink Floyd è ormai da molti anni una via certa per essere ascoltati, e l’attesa spasmodica nei confronti di The River Endless lo dimostra, anche se il tempo, lo si sa, finisce per deformare la propria espressività, che non può, per ovvietà di cose, rimanere fedele a se stessa. Nell’attesa del 10 novembre 2014, ad analizzare lo straordinario, complesso e sorprendente iter dei Pink Floyd è Hugh Fielder, autore di questo nuovissimo Pink Floyd. Al di là del muro, storia psichedelica dagli albori sino ad oggi. Il libro, edito da Il castello Editore, si aggiunge ai numerosi volumi dedicati alla band di Cambridge, alzando il livello qualitativo, grazie ad un’infinita serie di immagini che donano all’opera l’imprescindibilità. Fotografie full page, scatti di vita vissuta, backstage, prese live e studio session rappresentano testimonianze rare di quel mondo “governato” per molto tempo da Roger Water. Un iconografico viaggio nel tempo, sintetizzato in poco meno di 250 pagine in grande formato e grammatura sostenuta, pronta ad ospitare testimonianze uniche, definite in maniera strettamente cronologica.
Il libro, tradotto da Alessandra Rozzi, per la sua narrazione parte dall’Ufo Club, per arrivare al suono di Delicate sound of thunder, passando dall’esilio fiscale della band, dalle tensioni interne e dalle beghe legali. Uno sguardo sintetico, ma al contempo completo, che dona straordinari retroscena sul periodo folle di Syd Barret, sul gran rifiuto a Stanley Kubrick e sulle spigolosità nel rapporto con l’esterno da parte della band. Il lettore curioso, inoltre, avrà modo di imbattersi nel bizzarro parallelismo tra Dark Side of the moon ed il mago di Oz , potrà indossare la maglietta dei Sex Pistols, vedere il balletto e provare l’holophonic sound, per andare ben oltre la normale ampiezza d’ascolto.
Insomma…un libro esteticamente seducente e trasversalmente ineluttabile.