Horus Black – Simply, recensione.
Riccardo Sechi, giovanissimo di Genova, proveniente da una famiglia in cui la musica è il pane quotidiano. E poi da queste impronte giunge una deriva di gusto e di estetica, che poi – musicalmente parlando – la deriva non esiste mai. Si fa chiamare HORUS BLACK e pubblica un esordio davvero interessante dal titolo “Simply”. Dalla sua timbrica vocale assolutamente di maniera, allo stile di abiti e quel certo modo di sapersi muovere in scena, non si lascia poi tanto spazio libero alla fantasia di inventari chissà quali interpretazioni alternative. Il mondo di quell’America che usciva dalla grande depressione e incontrava lo sfarzo miliardario del Rock’n’Roll, da Elvis fino al noir del grande cinema (tutte cose che in Italia abbiamo scopiazzato con venti anni di ritardo), confluiscono in questi 10 inediti di Horus Black. Il tutto guidato sapientemente da un suono che non è per niente vintage come probabilmente avrebbero sperato di avere i conservatori più puri: siamo di fronte ad una vera e propria traduzione moderna di uno stile ormai lontano di 3 generazioni. In rete il video di lancio del singolo “We are alone tonight” e direi che in esso sono chiuse tutte le carte migliori di questo lavoro. Non ci dilunghiamo oltre: accogliamo appena la delusione di chi cerca nella musica di oggi nuove frontiere per codificare il futuro. Da un disco come “Simply” potrete solamente ripescare il buon sapore di un tempo lontano, quando le star erano coperte di lustrini e il Rock’n’Roll serviva come bandiera di rivoluzione sociale. Horus Black ci ha aggiunto solo qualche buona trovata digitale.
Partiamo dalla copertina di questo disco. Sembra davvero che ci sia dello sfarzo dell’oro o addirittura della vittoria tra le righe. C’è tutto questo in qualche misura? Tu come la vedi?
Sì, c’è assolutamente tutto questo! È stato un elemento da me voluto, infatti il logo “Horus Black” è stato da me ideato, per poi essere realizzato da uno studio grafico a causa di miei limiti tecnici in questo campo. Oro ed elementi sfarzosi e vittoriosi penso vengano fuori dal mio lato egocentrico ed addirittura autocelebrativo che, devo ammettere, è piuttosto forte in campo artistico musicale.
“Simply” sembra venir fuori da un passato glorioso. L’America vince su di te in merito all’ispirazione e all’immaginario. Ma dalla nostra Italia che cosa hai preso?
Dall’Italia ho preso le influenza classiche che derivano anche dalle mie origini, infatti i miei genitori e mio nonno paterno sono musicisti classici.
Tra l’altro vai proprio a spolverare cose assai “antiche” come lo stile Doo-Wap. Un vero mjust del genere…
Sì, io non disdegno nulla; cerco di ascoltare ogni genere, poi ovviamente se un genere mi piace proseguo con l'”esplorazione”, altrimenti lascio perdere.
Il futuro di “Simply” dove lo rintracciamo? In altre parole: ci sono cose in questo disco che pescano proprio dal futuro o quanto meno dalla tradizione contemporanea?
Dal mio punto di vista questo è il futuro.