Hiromi – Beyond standards, recensione.
Va detto che la copertina non aiuta. La pettinatura improbabile, i colori sgargianti e quasi fuori standard per le consuetudini grafiche Telarc… Poi capita che ti riagganci proprio a questo aspetto per dire che vabbè, dai, magari è proprio perché si vuol sottolineare un’originalità, un’unicità… E poi il tutolo, che fa un po’ presuntuosetto e, insomma, uno magari cercherebbe di evitarlo… Epperò ok, dai, va bene, parliamo tanto di musica liquida e sono 5 minuti che ciarliamo guardando un pezzo di plastica. Quand’è che ascoltiamo?
Si parte: l’intro serve a far capire come si possa partire da un brano per trasformarlo in quello che è il numero 2 della tracklist. E’ l’unico momento del CD in cui ho avuto qualche paura di ritorno alla fusion anni ’80, e averlo scelto come apertura si può discutere come mossa. Alcune impostazioni ritmiche ed architetturali con accenti un po’ di genere avrebbero potuto lasciare il passo ad un approccio più smarcato dal mainstream, soprattutto in virtù (è il caso di dirlo) di quanto poi accade nel resto del CD, uno spumeggiante ventaglio di bravure diffuse, con un quartetto affiatato e tecnicamente tosto guidato da un portento, di cui molto si potrà dire e probabilmente si dirà ma di cui è impossibile non riconoscere un livello esecutivo sfolgorante ed una padronanza del pianoforte decisamente altissima, anche in considerazione del fatto che stiamo parlando di una musicista del 1979.
Tocco, controllo delle dinamiche, fusione di elementi occidentali ed orientali sono caratteristiche che convivono nello stile di Hiromi, qui e lì ancora legato com’è più che giusto a riferimenti e strutture altri ma già avviato verso una personale commistione di stili che rappresenta e per il futuro può rappresentare la sua cifra stilistica. Ci sono dentro il solare virtuoismo giocoso di Oscar Peterson ma anche la precisione cristallina di Chick Corea, e poi c’è lei. E c’è un gruppo che suona davvero bene. Tony Grey al basso e Martin Valihora alla batteria sono un solidissimo sostegno, precisi al millimetro e potenti abbastanza da reggere l’energia della leader. Il disturbatore chitarristico David Fiuczynski sa dosare le diagonalizzazioni musicali di cui è capace e si pone come una sorta di disciplinato folletto a contrappuntare il rigore degli altri tre.
Hiromi ha già molte carte in regola. Dalla sua c’è un linguaggio molto ricco ed una tecnica molto salda, ma anche un quartetto compatto ed efficace. Può crescere in passionalità, in modo da completare la sua cifra stilistica. Se saprà farlo diventerà un riferimento.