Hegel – Lucio Battisti recensione
Hegel – Lucio Battisti recensione
È francamente difficile parlare dell’ultimo lavoro di un artista grande come Battisti e mancato troppo presto e troppo di recente alla Musica italiana.
Confesso che di tutti i “bianchi” Hegel fu quello che, alla sua uscita, mi convinse di meno, sia per atmosfere che per testi. Ebbi l’impressone che il duo Battisti-Panella avesse esaurito quella spinta innovativa che caratterizzò tutta la loro ultima produzione.
Ma non riuscivo ad arrendermi all’idea di un lavoro riuscito solo a metà, certamente c’era qualcosa che mi sfuggiva. Infine capii, o almeno così mi sembrò: musicalmente Battisti si era aperto un po’ verso suoni e strutture melodiche più facili, più calde e meno algide, seppur ancora molto elettroniche e sintetiche.
Ad esempio, Tubinga potrebbe essere tranquillamente un instant hit attualissimo, forse con un arrangiamento meno sofisticato e più fruibile (leggasi: popolare). Oso dire…danzereccio, ricorda, a tratti, alcuni suoni “dub” dei Primal Scream di Screamadelica.
Lo stesso dicasi per il veemente incedere ritmico ad alto bpm del brano che chiude l’album, ovvero La voce del viso, arricchito da un memorabile Battisti in falsetto.
In più brani rieccheggiano, beffardi, suoni ed effetti tipici dei primissimi Kraftwerk, persino di Trans Europe Express!!!
Il brano Estetica però sorprende nuovamente per il suo incedere lento ed ipnotico, che a stento maschera una dolcissima volontà melodica di fondo, quasi a lasciar intravedere vecchi/nuovi orizzonti compositivi evidentemente mai abbastanza abbandonati.
Da parte di Panella invece un lavoro puntato allo storico/filosofico, con costrutti forse meno divertenti di quanto ci aveva ormai abituato ma ancor più cerebrali. Cito, significativamente, da La voce del viso:
Sul viso la sintassi non ha imperio, non ha nessun comando
come per significare che può molto più della parola, un’espressione. Quasi una resa, essendo l’ultima frase del disco, quasi una calata di scudi, un rendersi conto che, dopo tante metriche involute e cocktail di parole, l’emozione inespressa regna sovrana. Una sorta di presagio del futuro Cantare è d’amore.
Hegel è stato forse il disco “bianco” che ha avuto meno successo di tutti e francamente non ricordo di brani passati di frequente in programmi radiofonici, il che, di per sè, non significa nulla se non, forse, che quest’ultimo album era probabilmente (e non lo sapremo mai) un ponte, una acerba transizione verso qualcos’altro che Battisti stava preparando.
Mi resta sempre un senso di amara incompiutezza quando ascolto Hegel ed ora, ad un paio d’anni dalla scomparsa di Lucio Battisti, mi chiedo quali altri affascinanti esperimenti musicali stesse preparando il suo grande genio.
Hegel contiene 8 canzoni:
- Almeno l’inizio
- Hegel
- Tubinga
- La bellezza riunita
- La moda nel respiro
- Stanze come questa
- Estetica
- La voce del viso
La monografia L’ultimo Battisti è composta dei seguenti articoli: