Havoc and bright lights – Alanis Morissette – recensione cd
Un po’ a sorpresa, a luglio scorso, ho avuto la fortuna di trovare uno degli ultimi biglietti disponibili per il concerto romano di Alanis Morissette (tra l’altro veramente bello), nel quale presentava in anteprima alcuni pezzi del suo nuovo album.
Ad esser sinceri i 2/3 brani scelti come portabandiera di Havoc and bright lights non mi avevano – al primo ascolto – particolarmente impressionato (fatta eccezione forse per “l’angelico” Guardian, già reperibile sul you tube) e, di conseguenza, ero abbastanza scettico sul livello qualitativo del disco.
Dopo averlo accuratamente ascoltato, invece, devo ammettere che la vena compositiva della cantante canadese è rimasta all’altezza della sua brillante carriera. Dai tempi di “Jagged litte pill” (30 milioni di copie vendute, non so se rendo) Alanis è cresciuta molto artisticamente, si è evoluta a livello musicale allontanandosi progressivamente da quell’immagine di giovane rocker incazzata col mondo di “You oughta know”. Oggi, dopo aver fatto le sue esperienze personali (l’ultimo cd era interamente dedicato alla fine della sua relazione d’amore), può dirsi finalmente sposa e madre felice.
La positività della sua vita emerge da molte delle tracce a cominciare dal sopra citato singolo nel quale si propone come angelo custode della vita delle persone che ama, a cominciare evidentemente dal figlio (nato, neanche a farlo apposta, il giorno di natale). Ballata pop certo, ma con un’anima rock pronta ad esplodere nel refrain, come a ricordarci quale sia la tendenziale vena dell’artista.
Altro elemento evidente, emerso in modo ancor più chiaro dal vivo, è il più totale affiatamento fra la cantante canadese e la sua scintillante band, composta da ben due eleganti chitarre (alle quali si aggiunge spesso anche quella dell’autrice), un tastierista di ottimo livello, ma soprattutto una sessione ritmica veramente arrembante che contribuisce a dare solidità ai vari pezzi.
Al riguardo, fra quelli più calmi, segnalo innanzi tutto “Til you”, che con la sua cullante melodia sarebbe capace di rasserenare anche gli animi più rattristati, poi la canzone che ha ispirato il titolo dell’album “Havoc” – caratterizzata dall’accoppiata piano/voce ed all’altezza delle autorevoli sorelle del passato come “Uninvited” o “Thank you” – ed infine la splendida e più acustica “Win and win”, impreziosita da suoni di archi e fiati classici. A mio modesto avviso si tratta di una delle più belle canzoni mai scritte dalla Morissette.
Per le melodie mid e up tempo, tutte essenzialmente solari e radiofoniche scelgo, invece, “Spiral” (mamma mia che ritornello!), la convincente “Receive” e la finale “Edge of evolution”, con un accattivante intro elettronico che funge poi da sfondo a quasi tutto il brano. Totalmente differente il mood dark dell’assai più rockeggiante “Numb”, connotata da un suono decisamente più cupo e verosimilmente più vicino ai primi lavori pubblicati (sembra proprio un out-take del suo secondo disco). In mezzo al pezzo un violino quasi diabolico funge da spina dorsale, sovrapponendosi ai vari riff e rendendolo veramente speciale (al concerto non c’era, ed infatti non suonava affatto così bella!).
Unico neo, in fin dei conti, risulta solo la (un po’ troppo) pomposa “Celebrity”, di cui si salva solo il bridge, che tuttavia non incide sul livello generale del disco.
Per concludere, coerentemente con quanto detto sin ora, mi sento di consigliare a tutti di acquistare una copia fisica o virtuale di “Havoc and bright lights” sicuri che non farà “la muffa” rispettivamente nè sugli scaffali nè in qualche i-pod o pad, insieme a molta robaccia prodotta da tanti sedicenti artisti, mordi e fuggi, di oggi.