Glacial Fear
Tra i metal hammer. non credo che ancora ci sia qualcuno che non abbia mai sentito parlare dei Glacial Fear, band sudista attiva ormai da quasi 20 anni.
Nel tempo trascorso dai primordi, il sound proposto da quartetto si è evoluto seguendo l’andamento dei tempi, riuscendo, pur mantenendo una propria identità, a sviluppare connotate mescolanze tra realtà old school e nu-reality.
Forse qualcuno non digerirà la pulitura vocale di Giuseppe Pascale, magnifica growlingonesca voce degli Zora, qualcun altro storcerà il naso sulle virate nu metal, ma senza troppi dubbi, la prima parte di “Equilibrium”, appare sin dal primo ascolto una piccola perla underground. L’incrocio HC & HM offre al contempo ritmiche serrate e convincenti, mescolate a indecisioni sonore che però non intaccano più di tanto questo Extended Played, granitico e solido.
Purtroppo Però , nonostante la buona qualità stilistica, la band continua, volente o nolente, a viaggiare nell’underground metallico, vittima di una realtà italiana statica e poco coraggiosa, ma che permette sia un contatto genuino e grezzo con il palcoscenico, sia una liberatoria forma espressiva, svincolata da quegli stessi compromessi in cui cadono vittime band fagocitate dal mainstream.
Ascoltando il disco bonsai, ci si rende conto di come i 4 di Catanzaro abbiano nel tempo ampliato i propri confini d’ascolto; infatti appaiono molte le influenze musicali di “Equilibrium”, capaci di attraversare il mondo metal dagli anni 80 sino ad oggi, senza soluzione di continuità.
I quattro brani, registrati al Soundfarm Studio sono battezzati dall’introduttiva “Black Mountain”, che, aperta da una lontana sonorità space metal, emerge ed implode verso una singolare sonicità vicina al nu-metal dei primissimi Slipknot. Le velature moderniste si incontrano in maniera armonica con velocizzazioni old school, trascinate dalla vocalità versatile del frontman. Nell’album, sin dal primo brano, si denota una parte chitarristica molto vicina al tecnicismo di Mike Torrao e Larry LaLonde, alla quale si unisce l’ottimo lavoro alla batteria di Enzo Rotondaro, valore essenziale per le sonorità proposte, in cui i piatti e le pelli sono utilizzati in maniera ragionata, ma mai cervellotica, funzionale alla narrazione musicale.
Non c’è molto tempo per i ragionamenti, i sentori Meshuggah svaniscono per lasciare il posto all’attacco socio antropologico di “Tecnicolor society”, in cui le cadenzate partiture appaiono orientate verso un black dark a tratti proto-sinfonico, soprattutto per merito (o colpa) di un chorus che si trascina avanti, assieme ad un thrash molto curato, in cui la voce di Peppe forse appare un poco troppo sopra le righe, similmente al Tom Araya di “World paited blood”.
Il brano, chiudendosi con un nereggiante groviglio musicale, lascia posto alla traccia meglio riuscita “Control”, episodio tiratissimo, interposto tra violenza controllata e un bpm tanto elevato quanto tecnico, capace di miscelare sonorità Voivod, assieme a tutto quel mondo tecnocratico figlio dell’indutrial. La Track risulta però intaccata dall’opinabile beltà dei contro canti, invasivi e edulcorativi, che vanno oltre ai coraggiosi cambi di direzione verso doomatici rallentamenti, sino ad un complesso di riff davvero coinvolgenti e implicanti
Il disco si chiude poi con “New Noise”, cover dei Refused, band hc-straight edge anni 90, omaggiata da un innovativo approccio al metal core, per certi versi assestabile tra Biohazard e Sx 10, attraverso una radice hip pop tramite la quale l’ensamble calabrese offre ai propri fans sudore e rabbia controllata, che meriterebbe maggiori possibilità distributive.
Insomma una band che non ha certo paura di emergere…tanto è vero che dall’official myspace sarà possibile “downloadare” l’intera discografia pregressa della band…e comprare a prezzo irrisorio questo ottimo EP….MUOVERSI!