Girl on fire – Alicia Keys. Recensione cd
Sono passati tre anni da quando proprio su questa rivista recensivo l’ultimo disco di Alicia Keys evidenziando come, album dopo album, si fosse stilisticamente affrancata, in termini artistici, dal suo eccezionale esordio tutto soul e R & B, segnando un progressivo spostamento verso un pop sempre più sofisticato.
Ebbene, basta guardarla dritta in quegli occhi, che con insistenza ci fissano dalla copertina di “Girl on fire”, per capire subito la determinazione e l’ambizione con le quali questa giovane afro americana intende affrontare la sfida della competizione e, soprattutto, vincerla.
Al riguardo ritengo che forse non sia stato un caso se ai funerali della compianta Whitney “The voice” Houston la Keys lasciò tutti a bocca aperta con la sua emozionante “Send me an angel”, raccogliendone quanto meno il testimone della popolarità (quello del talento credo sia, purtroppo per tutti noi, inarrivabile), nel mondo della musica black al femminile.
Quanto detto sopra è confermato pezzo dopo pezzo anche in questo nuovo sforzo discografico che mostra, da un lato una notevole ed eclettica capacità compositiva dallo spiccato approccio melodico, mentre dall’altro una costante propensione all’interpretazione, più che all’esecuzione.
“Brand new me”, piazzata subito dopo l’ormai tradizionale intro strumentale, rappresenta in pieno il giusto manifesto dello spirito di cambiamento personale dell’artista americana e della presa di coscienza dei propri mezzi che evidentemente ha caratterizzato la sua vita in questi ultimi tempi in cui ha sperimentato anche la gioia della nascita di un bimbo (nel finale di “When it’s all over” si sente anche la sua vocina, come già fece Stevie Wonder con la figlia in “Isn’t she lovely”). Musicalmente, un crescendo di ritmo che predispone all’ascolto, come un aperitivo, per le portate molto succose e prelibate che verranno più in là. Fra queste, per pathos e trasporto, scelgo a mani basse le quattro ballate incise nell’ultima parte del cd: innanzi tutto la dolce “Not even the king”, praticamente piano e voce, e la stupefacente “That’s when i knew”, tutta “anima e cuore”, cesellata da una chitarra acustica degna di nota e verosimilmente dedicata a suo marito nonché produttore. Sinceramente era da diverso tempo che non sentivo una canzone d’amore così bella e personalmente rappresenta l’apice della sua carriera, fino ad oggi. Un gradino più in basso, ma assolutamente all’altezza della situazione, il terzo pezzo: “One thing”, nello stile più simile alle produzioni precedenti, che definirei “notturna”.
Il succitato poker viene chiuso da “101”, per gran parte ancora una volta caratterizzata dalla sola tastiera d’ebano e avorio, è improntata sulla fantastica estensione della voce di Alicia con notevoli acuti che toccano i picchi più elevati. A un certo punto, poi, parte un fading out “barocco” che dilata il brano e allarga il cuore degli amanti della musica, come dire, più corale.
Il resto dell’album lo torvo godibilissimo anche se, a mio avviso, più diretto al pubblico americano, come il singolo “New day”.
Concludendo direi che Girl on fire risponde alle ampie aspettative riposte dai fan e critica sull’autrice, segnando un ulteriore passo avanti verso un successo meritato che, fedelmente al titolo, sembra voler essere conquistato più con la passione che con il puro calcolo.