Giacomo Fiore “Tones from open heart”
La prima volta che ho avuto la fortuna di ascoltare Giacomo Fiore, vestivo i panni di giudice per la kermesse “Primo maggio tutto l’anno”, rassegna musicale curata dalla Primo Maggio srl, società organizzatrice dell’ormai tradizionale concerto romano. Per la Liguria il concorso è stato gestito dall’associazione culturale Metrodora , ospite del locale cult Milk, che ormai da anni offre al pubblico xeneize un panorama alternative-undergrond di tutto rispetto.
Vedendo Giacomo Fiore dividere il palcoscenico con band emergenti, ho cercato di capire se musicista genovese non fosse fuori posto, viste le qualità, di per certo una spanna al di sopra di quasi la totalità dei partecipanti. Sin dal momento in cui mi sono stati recapitati i demo per la selezione, mi sono reso conto di come questo nuovo musicista, riusciva a dare intense emozioni attraverso il solo uso delle sei corde. Ascoltando il suo disco, registrato a Nashville in Tennessee, palesemente emerge l’amore spassionato per la musica e per la chitarra, in una miscellanea di melanconia mediterranea e allegria celtica, coadiuvata dal violoncello di Justin Saunders e dalla viola di Ashley Fisher che a differenza delle presenti percussioni di Lee Holland, rimangono un poco sacrificate nell’ombra.
Il disco altro non è che una dolce collezione di tunes, vale a dire di arie che prendono respiro dall’ottima capacità compositiva dell’artista. Giacomo riesce a mostrare con assoluta naturalezza il più classico Fingerpicking tra scale ed arpeggi, dei quali si ritrovano le spiegazioni narrative all’interno del booklet. Infatti, attraverso poche parole, l’autore cerca di fornire una sorta di chiave interpretativa, senza però togliere il gradevole gusto di chiudere gli occhi e viaggiare con la fantasia.
Il viaggio ha inizio dalla verde Irlanda, richiamata alla memoria da sonorità danzerecce, che ci catapultano immediatamente nel mondo del giovane scrittore. La track iniziale appare tra i migliori brani dell’album, in quanto veste le spoglie di un vero e proprio compendio delle capacità di Fiore, nel saper gestire la fluidità dei movimenti sul manico, riuscendo a raccontare come in un romanzo breve, la storia di un viaggio che trasmette nostalgica felicità. Tra le migliori composizioni ritroviamo inoltre “Genteel”, sussurrata composizione dall’intenso pathos, ricostruito attorno ai melodiosi ricordi di una fanciulla, che per sempre vivrà attraverso il sound emozionale di un brano pressoché perfetto per tecnica e trasporto.
“Tones from open heart “ è senza dubbio un disco a venti carati, una novella che tra la “solare” e countryggiante “The comfort of the sun” e l’autobiografica “the Minstrel” conquista sin da subito e porta con se un quesito sconcertante: perché un talento musicale come Giacomo Fiore non è ancora sbocciato nel panorama italiano come in realtà meriterebbe??
Senza timore, alla luce dei fatti, mi sento di chiosare con un parallelo, che per alcuni potrà sembrare ardito, ma a mio avviso non troppo lontano da prossimo futuro… ascoltate il suo disco e vedrete che troverete enormi similitudini tra la chitarra di Giacomo e il suo emergente talento con il favolistico pianoforte di Giovanni Allevi.