Geraldo Pino – Heavy Heavy Heavy

copertina di Heavy Heavy Heavy di Geraldo Pino

Stavo suonando Highlife Jazz – disse una volta Fela Kuti – quando Geraldo Pino venne in città, nel ’66 o poco prima, portando il suo soul. Era qualcosa che stava al di sopra di tutto. Portò con sé in città la musica di James Brown, cantando “Hey, Hey, I feel all right”, con un equipaggiamento audio che nessuno aveva mai visto. In breve tempo quell’uomo fece Lagos a pezzi. Wow, aveva la Nigeria intera in tasca. “

”Aveva tutto ciò che io non avevo. Per tre giorni suonò a Lagos, poi si recò al nord per un mese, tornando ancora a Lagos altri cinque giorni. Poi partì per il Ghana. Quello che mi preoccupava realmente era che lui sarebbe tornato ancora in Nigeria. Ripensando all’impatto che quel fottuto aveva ottenuto a Lagos, quello che avevo in testa è che avrei voluto fuggire, sparire. Andare lontano, in America. Cercare in qualche modo la mia strada. Farlo da solo, perché mi dicevo che non avrei potuto far nulla con quell’uomo in giro anche in Nigeria. Dopo che quel fottutissimo Pino aveva conquistato la scena, non c’era più un cazzo di niente che avrei potuto fare a Lagos”. (tratto da Fela, Fela, This Bitch of a Life , a cura di Carlos Moore, London, 1982). Le parole di Fela non possono non accendere la nostra curiosità.

Il mio primo incontro con la musica di Geraldo Pino fu grazie a un brano contenuto nella compilation Afro-Rock Volume 1, della nuiorchese Evolver (2002, Evolver, EVL2002-2). Era un funky trascinante, dal titolo evocativo di Heavy Heavy Heavy, con un groove irresistibile e uno straordinario hammond in primo piano. Ma era un solo brano. L’anno scorso la Soundway Records , la stessa di Ghana Soundz, ha pubblicato due LP di Geraldo Pino registrati all’inizio degli anni ’70, Let’s have a Party (SNDWLP005) e Afro Soco Soul Live (SNDWLP006), che assieme sono stati pubblicati su CD da Retroafric. Una rivelazione.

A questo punto facciamo un passo indietro. La Sierra Leone è una ex colonia inglese sulla costa del golfo di Guinea, tra la Liberia e la Guinea Conakry. Indipendente dal 1961, la Sierra Leone è, assieme alla Liberia, tristemente nota per la sanguinaria guerra civile durata oltre 10 anni, che ha visto la drammatica partecipazione di truppe di bambini soldato e che si è conclusa nel 2001, lasciando un paese devastato sia socialmente che economicamente, nonostante l’incredibile ricchezza di materie prime, tra cui metalli e pietre preziose. Musicalmente, della Sierra Leone si conosce il gumbe di Ebenezer Calender, il palm wine di S.E. Rogue e qualche nuovo giovane artista, come Seydu o il rapper residente a Londra Abdul T-Jay.

Nel capitolo dedicato alla Sierra Leone della prestigiosa Rough Guide to World Music, di Geraldo Pino non vi è traccia. Forse è per questo che, nelle note di copertina, egli viene definito “un eroe dimenticato della musica popolare africana”. Eppure il sierraleoniano Geraldo Pino fu tra i primi a fare funky soul in Africa occidentale. Nel 1960 formò il suo gruppo, gli Heartbeats, che suonavano cover di musica angloamericana, alle quali affiancarono presto rumbe e cha cha cha, come voleva il gusto africano dell’epoca. Fu allora che latinizzò il suo nome, che originariamente era Gerald Pine.

Nonostante il cambio del nome, la sua specialità rimaneva il funky, che suonava assieme alla sua band nei locali di Freetown come il Flamingo, il Palm Beach e il Tiwana. Alla fine degli anni ’60 rimase folgorato dalla psichedelia che arrivava dall’Inghilterra, e decise di modernizzare il sound degli Heartbeats aggiungendovi le tastiere. A Geraldo alla voce solista e chitarra, in Heavy Heavy Heavy si affiancano dunque un’altra chitarra, le tastiere in primo piano, una sezione ritmica formata da basso, batteria e percussioni e il coro. In sintonia con i tempi, i temi delle canzoni sono spesso politico sociali, come il black power e l’unità degli africani.

I primi sei brani sono registrati in studio, mentre i secondi sei sono dal vivo. E’ stupefacente come, a parte la presenza del pubblico, nel passaggio da uno all’altro non si avverta una differenza significativa, sia nella qualità del suono che nell’equilibrio tra strumenti differenti. Quindi, ancora una produzione strepitosa targata Soundway Records / RetroAfric, povera soltanto nelle note di copertina.

Ma tutto ciò mi sembra avere poca importanza rispetto al groove devastante, che conferma pienamente le parole di Fela. In realtà è irrilevante anche che questa musica venga dall’Africa, e lo scrivo anche perché in qualche passaggio può risultare persino difficile accorgersene.

In poche parole, Geraldo Pino può permettersi di non chinare la testa di fronte agli eroi del soul e del funky a stelle e strisce, anche di quello piò sporco e profondo. Non esistono brani deboli negli oltre 70 minuti di musica di questo Heavy Heavy Heavy. E’ semplicemente solido, martellante e scuro funky groove, con voci graffianti, basso e batteria in tiro continuo, interminabili assoli di organo e chitarre ritmiche in continuo rinforzo. Ascoltare per credere.

Brani:

Heavy Heavy Heavy
Let Them Talk
Africans must Unite
Shake Hands
Power to the People
Let’s have a Party
Born to be Free
Man pass man, Iron de cut Iron
Right in the Centre
ON the Spot
Black Woman Experience
Afro Soco Soul Live