Gang” La rossa primavera”, recensione

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Dedicato a tutti quelli che non hanno mai smesso di cantare la Lotta per la Liberazione, perché senza di loro non avremmo conosciuto queste canzoni e nemmeno le storie che le hanno ispirate, quelle che, insieme a tante altre, compongono la stagione di quel Grande Umanesimo che è la Resistenza

I Fratelli Sandro e Marino Severini, rappresentano nel panorama italiano uno dei pochi esempi di coerenza musicale, indipendente da tutto e da tutti, hanno da sempre offerto una socio-politica musicata legata solamente ad uno stabile e fortificato credo, che da sempre è rimasto ai margini delle logiche di marketing tipiche del music business.

Partiti negli anni settanta da Filottrano, provincia di Ancona, i Gang, dopo essere stati in contatto diretto con la scena sociale e musicale dell’ esplosiva London 77, hanno maturato quella scelta stilistica che ancora oggi li accompagna.
Infatti, anche se moltissimi anni sono trascorsi dai primi testi anglofoni, le tematiche raccontate rimangono legate alla politicizzante aurea di Joe Strummer, assestandosi all’interno di un rock di stampo classico, tra quelle note della sessione ritmica ancora viva e produttiva, come ben dimostrano gli ultimi anni dei Gang, sempre attivi nei loro seguitissimi live.

A pubblicare l’ultimo lavoro dei fratelli Severini è Associazione Culturale e Musicale Latlantide, attenta con i suoi sforzi ad una sapiente divulgazione della musica come forma di cultura, attraverso un’accurata attività di produzione ed editoria oltre alla delicata fase di promozione e organizzazione eventi.

La band marchigiana arriva a La rossa primavera dopo ormai quasi trent’anni di carriera, per incontrare ancora una volta il proprio pubblico con 15 storie tinte di rossa resistenza, lungo un percorso vivo e sentito, che ripercorre gli animi e le sensazioni della resistenza, attraverso la rivisitazioni di canti tradizionali e cover d’autore. Il fil rouge antifascista riporta la band alle stampe a cinque anni di distanza dall’ultimo Seme di speranza, questa volta però coaudiuvati dai Ned Ludd e dalla loro italiana fresh roots music, intarsiata tra folk e combat rock ispirato al luddismo inglese del xix secolo.

Ad aprire gli appunti partigiani è la della tradizione di Fischia il vento, scritta da Felice Cascione. La traccia, che riprende la canzone russa Katyusha, offre sin dal primo attacco un’armonia tipica della band, tra batteria cadenzata e riff di chitarra ai quali si affianca il violino di Fabio Biale. La traccia, pur offrendo un interessante e ben definito assolo, nella sua mistura di rock e tradizione appare sotto tono rispetto alle altre liriche, dando la sensazione che avrebbe potuto essere ma non è stato.
La predominante parte ritmica risulta piacevolmente legata agli anni 80, offrendo comunque buoni spunti nella seconda parte, più convincente anche grazie alla fisarmonica combat folk di Alessandro Mazziotti che ci trascina nell’Irlanda rivoluzionaria tra zampogne e cornamuse.

Il viaggio continua poi con la rock ballad Dante Di Nanni , in cui le radici d’oltreoceano ed il suo nuovo sviluppo rivisitano la canzone degli Stormy six dedicata al gappista torinese, e Brigata Garibaldi, che con il suo sapore anni ’50 riporta alla memoria una vecchia marcetta fascista, privata del suo nero e raccontata dal libertario colore rivisitato dalla band.
Con Collina si arriva poi al cantautorato Gucciniano con un rock and blues non molto convincente, a differenza della conclusiva Le storie di ieri, ripresa meravigliosamente dal mondo di Francesco De Gregori.

Il disco, purtroppo orfano di un booklet, regala comunque emozioni che raccontano non solo la tradizione in senso proprio come conFesta d’Aprile e Quei briganti neri (forse il brano migliore di questo viaggio), ma anche la memoria propria dell’io compositivo, attraverso magici riferimenti al recente passato. Tracce come Eurialo e Niso, 4 maggio 1944 eLa pianura dei 7 fratelli offrono un breve e prezioso stralcio di storia Severiniana.

A completare questa primavera sono Poco di buono, dedicato ai partigiani che sabotarono il ponte ferroviario ad Ivrea,Pietà l’è morta di Nuto Ravellie Tredici, in cui i musicisti offrono un sentito omaggio agli Yo Yo mundi e alla storia dei partigiani trucidati sulle vie di Casale Monferrato.

Insomma i Gang non hanno nulla da dimostrare, la loro storia parla da sola, ma nonostante tutto continuano ad inseguire con genuina semplicità i loro ideali, che possono essere condivisi o meno, offrendo una musica priva di virtuosismi, ma fatta di concretezza e coerenza, perchè la musica aiuti a ricordare la storia del nostro paese…ed ognuno di voi sarà libero di interpretare a proprio modo il proprio mondo, cercando di superare l’ inprinting culturale che ha maturato nella fase di crescita razionale.

Tour

28 luglio – Canonica di Triuggio (Monza Brianza) – Festa Democratica (ore 21,00)
29 luglio – Cornaredo (Milano) – Comunistinfesta (Centro Sportivo “Sandro Pertini” – ore 21,00)
20 agosto – Nembro (Bergamo) – Piazza (ore 21,00)
8 ottobre – Carpi (Modena) – Arci Kalinka (ore 22,00

Tracklist

1. Fischia il vento (tradizionale)
2. Dante di Nanni (Stormy Six)
3. La Brigata Garibaldi (tradizionale)
4. Su in collina (Francesco Guccini)
5. Poco di buono (Claudio Lolli)
6. La pianura di sette fratelli
7. Pane giustizia e libertà (Massimo Priviero)
8. Tredici (Yo Yo Mundi)
9. Quei briganti neri (tradizionale)
10. Festa d’aprile (Franco Antonicelli)
11. 4 maggio 1944 in memoria
12. Eurialo e Niso
13. Pietà l’è morta (Nuto Revelli)
14. Aprile
15. Le storie di ieri (Francesco De Gregori)