Fusch! . Mont Cc 9.0 – First Act
Opera ambiziosa questa della band di Bergamo dei Füsch!, soprattutto se si pensa che alle spalle può vantare soltanto l’album di esordio (“Corinto”), uscito nel 2012. Sì perché “Mont Cc 9.0 – First act”, che ci accingiamo a recensire, è in realtà solo il primo terzo di un disco diviso in tre atti e le cui ulteriori uscite verranno centellinate fra la fine del 2013 ed il prossimo anno.
A capo del gruppo c’è Mariateresa Regazzoni, che fra i suoi “ben 5” figli (pensate, ha solo 45 anni la “ragazza”) annovera due dei membri dei Verdena, ed è anche fondatrice e proprietaria dell’etichetta (Jestrai) per la quale esce questo disco. Musicalmente l’area in cui si muovono è assai poco definibile, trattandosi comunque di un approccio sperimentale, ma nel tentativo di orientare il lettore direi che le parole “rock psichedelico” rendono abbastanza bene l’idea di ciò che andranno ad ascoltare.
Le tracce proposte sono sostanzialmente quattro, in quanto la terza “Sintesi”, che divide idealmente i primi due dagli ultimi, non è altro che un bozzetto di 30 secondi fatto di un accenno di melodia di chitarre subito stroncato da grida feroci. Più che un brano direi uno spartiacque.
Il brano iniziale “Broken t-shirt”, è introdotto da una sorta di “ariete elettronico” che spalanca ben presto le porte all’esplosione delle chitarre. La spirale ipnotica comincia e a sua volta viene accompagnata da cori indefiniti femminili che strisciano sinuosi sullo sfondo con la voce della Regazzoni usata più a mo’ di strumento musicale aggiuntivo che non per comunicare concetti o contenuti (cosa realmente dica, in effetti, si capisce volutamente a mala pena). Al riguardo, volendo cercare un paragone nel panorama musicale internazionale l’unico gruppo che mi viene in mente, mutatis mutandis, sono i “My bloody Valentine”, ma l’indirizzo in parola resta comunque solo come mera traccia ideale.
La seguente “Sbando alle macerie” segue lo stesso schema, ma il suono qui è meglio scandito dal ritmo dalla batteria e l’andamento è di certo più lineare della precedente. Personalmente, essendo un amante della melodia, la trovo anche più accessibile ma è chiaro che in questo ognuno potrà dire la sua, come sempre. Una cosa è certa: “questi sanno suonare eccome, e pure bene”.
La seconda parte del cd dopo il succitato “pezzo bonzai”, inizia più lento e meditato, sempre con il crescendo di suoni alla “Ok Computer!” che prendono per mano l’ascoltatore. L’unico rammarico a mio avviso è che questo approccio un po’ flemmatico non decolli mai, restando forse un po’ fine a sé stesso. Una sorta di esercizio di stile. Di tutt’altra pasta invece la finale “Cathrine Deneueve” che si presenta, se vogliamo, come summa dell’intero album. Dilatata nel tempo (di ben 9 minuti e spiccioli) ha un ritmo uptempo deciso con lo stesso giro di chitarre che come il filo di arianna ci segue dall’inizio fino alla fine. Su di esso poi gli assoli distorti e ascensionali si susseguono e si incrociano a ripetizione in un’orgia di distorsioni con il basso finalmente ben in evidenza ed il suono di una tromba (che suona sintetica, ma potrei anche essere smentito) che piacevolmente ci spiazza. La voce della cantante ancora una volta fa pensare al suono delle Sirene di cui parlava Omero, ammalia e cattura e il rischio e di perdersi completamente. Bellissima.
Chiudo questa mia sintetica recensione consigliando “Mont Cc 9.0” (in fin dei conti “sperimentale” sin dal titolo, non vi pare?) a chiunque abbia voglia di evadere musicalmente dallo scontato e desideri farsi coinvolgere in suoni rock, certo un po’ forti ma di sicuro coinvolgenti (o sconvolgenti?) a livello acustico ed anche emotivo. Per chi non ama navigare a vista, invece, il cartello dice a chiare lettere: “Occhio! Non salite sulla barca”.