Fungus “Better than Jesus”, recensione

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Dietro al “Gesù nell’orto degli ulivi” si nasconde la degenerazione grafica del bel logo dei Fungus, band genovese che ha incontrato l’arte di Alessandro Mucaria, per dare appropriato risalto estetico all’opinabile convincimento lirico di “Better than Jesus”, seconda fatica del quintetto ligure.
Otto tracce fondamentalmente legate all’amore per il progressive rock e la psichedelica, che fungono da start line alle partiture, attraverso increspature rock folk di ampio respiro.

L’ensemble nasconde dietro al sapore vintage una serie di buoni proponimenti, traspirando ardore e sentimento nei confronti di ciò che espongono, tanto da divenire a tratti forse troppo narcisi e talvolta pretenziosi. Ma è forse proprio il coraggio e la sfrontatezza del gruppo l’arma vincente che permette loro di ergersi dall’oceano di proposte underground. I ragazzi hanno tutte la carte per approdare all’olimpo del sottosuolo, grazie anche alla musicalità calda e stimolante che propongono.

La sleeve cartonata offre una musicalità autoprodotta di buon impatto, in cui qualche limite relativo alla sezione ritmica, a tratti pavida ed acerba, si unisce una limpida sei corde, essenziali tastiere e soprattutto la mirabile voce di Dorian Deminstrel, reale valore aggiunto.

Attivi da ormai 8 anni i Fungus hanno decisamente abbandonato improvvisazione e la non definizione lineare delle note, per ormeggiare sul molo del Caldo e valvolare rock inebriato da robuste tentazioni folk acustiche

Il disco si apre con “Share your suicide” un insolito narrato liquefatto in infinite e diluite lande sonore che trovano lusinghe nella mescolanza prog, dialogando con una (volutamente) esitante chitarra capace di introdurre riverberi pinkfloyidiani per poi maturare in un’implosione controllata. Stilemi rock raccontano di sonorità mutevoli gestite da effetti vocali e trovate interessanti. Come in un vecchio rodovetro la band disegna note old style ben distribuite, come dimostra il solo finale di Alejandro J Blisset. Proprio quest’ultimo attraverso la pulizia esecutiva ci introduce nel mondo di “25 grams”, ottimo brano dall’impulsivo impatto sonico, un rock doorsiano che tra stop and reprise ci trascina verso verso “Smoke” e “Tanks…a lot”, traccia indefinibile, che rappresenta il lato migliore della band. Qui come altrove, il disco manca di un lavoro di perfezionamento sui volumi, ma nonostante alcune lacune tecniche, “Better than Jesus” propone una partitura dai molti orizzonti, passando come in questo caso, da un intro acustico, sino ad un corposo enclave sonoro in prog style, per poi toccare, senza soluzione di continuità, il mondo di Morrison.

Il viaggio nel sottobosco continua con “Logical fish”, brano che rappresenta un buon esempio di liquid art rock, una sorta di divertissement alla Monty Pyton, in cui le tastiere conquistano un buono spazio, per una ballata in cui il buon lavoro di batteria si mescola a strappati di chitarra.

Il disco si chiude poi con reminiscenze anni ottanta, tra allegra andatura, e semplici virtuosismi per tre minuti scarsi, atti ad un finale pensato, come nel vecchio cabaret, allo spazio degli applausi.

Insomma un disco che emerge come un buon full lenght autoprodotto, che può e deve essere considerato come una rampa di lancio atta a fuoriuscire dalla prima cerchia. La mia convinzione è quella di vedere attorno ai Fungus terreno fertile che necessita peròdi una produzione professionale e maggiormente definita per poter fiorire appieno, oltra ad una distribuzione di più ampio respiro senza la quale sarà difficile oltrepassare il confine…e allora chissà che qualcuno di importante non si invaghisca di queste 5 spore…

Tracklist

1. share your suicide, part 2
2. 25 grams
3. smoke
4. tanks… a lot
5. hang on your lips
6. eternal mind
7. logical fish
8. spammology