Flaming Lips – Embryonic, recensione
L’ascolto di questo bellissimo album della “folle” band dell’Oklahoma, unitamente alla lettura di alcune recensioni web sono stati in grado di suggerirmi nobili riflessioni che forse esulano un pochettino dal reale valore artistico dell’opera.
Sgomberiamo perciò il campo da possibili dubbi e chiariamo subito che Embryonic è un grande disco. Il più grande dell’anno appena concluso, secondo il sottoscritto.
Puntualizziamo però, che non è questo il problema.
PAUSA (andate a bervi un caffè…)
Ha ancora senso fare un album come questo nel 2010?
Ha ancora senso fare opere d’arte nel 2010?
Ha senso oggi costruire faticosamente un psichedelico, delizioso succedersi di 18 mini-tracce irresistibili, variegate e zanzariformi, emotivamente sensazionali, graffianti e dolcissime allo stesso tempo, che ti lasciano esterrefatto per la loro apparente osticità e nel contempo, per la loro squisita accattivanza?
Ha senso accompagnare l’ascoltatore per mano come un bimbo, guidandolo alla ricerca di splendide melodie nascoste fra le sgangherate ed esplosive dinamiche, in una società dove è tutto invece piatto e “globizzato”?
E soprattutto: ha senso lottare per produrre un qualche valore che non sopravviverà?
La cultura legata alla Musica Classica non è tramandata in maniera incontrollata e fragile come avviene per la Cultura Rock.
Se Beethoven o Shostakovich, per prenderne 2 a caso, hanno creato dei nuovi standard, questi saranno riprodotti dai futuri musicisti, più o meno fedelmente certo, ma continueranno ad esistere per molti secoli a venire e costituiranno tesoro per le generazioni future. Inoltre, c’è una scuola che lavora da tempo immemorabile e che forma gli interpreti e i compositori classici anche dal punto di vista critico e culturale, oltre che tecnico. Ed invece il Rock è troppo giovane come fenomeno culturale per poter fare lo stesso.
Ma la differenza più importante fra Classica e Rock è che le le sinfonie, i concerti, le opere vengono interpretate dagli esecutori, discusse dai critici, confrontate fra loro, in tempi lunghi. Non rischieremo mai cioè, che un Debussy o un Fauré vengano un giorno messi da parte e dimenticati completamente.
I dischi Rock al contrario, vengono sì discussi, ma raramente (re) interpretati; e se questo accade non è generalmente sistematico che l’interpretazione possa essere garante della sopravvivenza di una data opera Rock nei tempi futuri.
Così, i Flaming Lips potrebbero, a differenza di Debussy, essere posti nel dimenticatoio un triste giorno. E questo, nonostante Embryonic!
La recensione molto positiva dell’album in questione a cura di Claudio Lancia su Onda Rock (http://www.ondarock.it/recensioni/2009_flaminglips.htm ) pone l’accento sul problema in maniera molto diretta fin dalle prime righe: “Nel mordi e fuggi che caratterizza l’attuale scenario musicale internazionale, la pubblicazione di un concept-album come “The Lamb Lies Down On Broadway” o “The Wall” rappresenterebbe un inevitabile suicidio commerciale. Il diluvio di proposte disponibile oggi sul mercato non concede il tempo di approfondire e comprendere lavori eccessivamente complessi”.
E non risparmia frecciate all’iPod Generation: “I giovani della Snack Generation puntano tutto su singoli brani, costruendo sequenze virtuali personalizzate da fruire con l’ausilio dei propri lettori mp3, approfondendo il minimo indispensabile di quanto ascoltano.”
Dipinta così, sembra proprio la morte della cultura Rock. Ma permettetemi di porre 2-domande-due, prima del funerale:
1) Ma è possibile esaltare il buono che sicuramente celano in sé i costumi moderni?
2) E l’esempio di Embryonic, può in qualche modo aiutare la società a migliorare?
Secondo me sì.
Intanto, già l’ascolto attento dell’album (è impossibile ascoltarlo come musica di sottofondo, perciò impone concentrazione) e anche, diciamolo pure, la visione del fresco video di “I can be a frog”…
…allontanano l’ascoltatore da banali sequenze filo-televisive e contribuiscono a formare un ipotetico seme del pensiero autonomo, cosa sempre più rara nella “Snack Generation” (e non solo in quella).
Provo a rispondere alla mia prima domanda.
Io sono fondamentalmente ottimista. Perciò penso che l’attitudine dell’essere umano al sublime musicale sia in qualche modo eterna e possa sopravvivere a qualsiasi sconvolgimento sociale o meteorologico. Nella mia evoluzione di musicista, ma soprattutto di ascoltatore, ho percorso decine e decine di tappe tra le quali, la necessità (e il piacere) di organizzare delle selezioni musicali (su cassetta e poi, molto più tardi, su CDR) ha rivestito (e, in parte riveste tuttora) un ruolo importante. E questo è molto simile, rapportato alla differente disponibilità di tecnologie avanzate (si parla del periodo New Wave degli anni ’80), agli ascolti di singoli brani, … sequenze virtuali personalizzate da fruire con l’ausilio dei lettori mp3… delle attuali generazioni. Pertanto, così come poi tutti noi abbiamo sentito la necessità di approfondire gli artisti il cui germe giaceva fertilissimo in quelle ancestrali selezioni, è probabile (e auspicabile) che anche i ragazzi che oggi ascoltano le infinite playlist degli iPod un domani si chiedano chi siano veramente i personaggi in grado di creare le melodie da loro tanto amate.
Se questo non succederà, saremo davvero di fronte ad una reale rivoluzione dei costumi culturali e musicali in senso peggiorativo, ma non credo proprio che questo possa accadere.
Inoltre c’è una caratteristica quantitativa che differenzia non di poco l’attuale ascolto della musica dai nostri ascolti dei seventhies-eighties: la numerosità del campione. Il numero di soggetti che oggi ascolta musica, grazie all’iPod, è di gran lunga superiore al numero di giovani che a quel tempo poteva permettersi un impianto HIFI casalingo o un “car-stereo” e più tardi un SONY Walkman.
Prima o poi questo esercito di “fruitori” di musica liquida crescerà, maturerà e diverrà esigente, curioso e riflessivo come siamo noi adesso.
Ma questo non potrà accadere (e così rispondo alla mia seconda domanda) senza artisti come i Flaming Lips (o i Radiohead, i Tuxedomoon, i Legendary Pink Dots, i Pere Ubu, gli XTC ecc.).
Se le nuove generazioni si limiteranno ad ascoltare Sanremo perché nessuno suggerirà loro che c’è moltissima musica infinitamente migliore, rimarranno limitati alle loro sequenze iPod virtuali, mentre sentire le devastanti melodie e atmosfere di Embryonic li costringerà, volenti o nolenti, a chiedersi il perchè di simili scelte timbriche dissonanti, e allo stesso modo i motivi per cui Shostakovich, Cage, Berio, i Pink Floyd, i Flaming Lips e i Radiohead hanno prodotto opere musicali apparentemente inascoltabili e che invece hanno avuto un successo planetario, ma soprattutto (e questo è il vero dilemma) molto più duraturo di qualsiasi brano o album di musica leggera futilmente orecchiabile.
Così, paradossalmente tra 20 anni vi saranno molti più quarantenni e cinquantenni che ascolteranno Kid A o Embryonic, seduti davanti ad un impianto HIFI, di quanti non ce ne siano oggi ad ascoltare The Lamb Lies Down On Broadway o Lizard.
Ed alfine, è qui che il Rock riesce ad avvicinarsi il più possibile a quell’immortalità, propria della musica classica, che presume una trasmissione generazionale, una discussione ed una re-interpretazione. Il Rock più sperimentale e alternativo, o comunque non completamente convenzionale (ma non necessariamente ostico: le melodie di molti album dei sopracitati gruppi sono deliziosamente orecchiabili) stimolerà i critici, gli studiosi e i fruitori finali ad ascolti attenti e approfonditi, molto simili a quelli che noi oggi riteniamo indispensabili.
I Flaming Lips ed il loro Embryonic hanno un importantissimo ruolo sociale, credetemi!
Siate, come me, deliziosamente ottimisti
Giudizio artistico: 8/10
Giudizio tecnico: 8/10