Ferronia “Anima era”, recensione
Arrivano da Torino cavalcando l’onda di Andromeda Relix; nascosti dietro a sonorità Rush, Nightwish e per certi versi Queensrÿche, definiscono un punto di partenza (o di arrivo) del loro mondo heavy -progressive di stampo italiano. Disegnate attraverso sonorità classiche, tecniche e melodiche, le composizioni narrate dalla verve vocale di Elena Lippe sembrano emergere con naturalezza dall’ottimo packaging in digipack, dando così inizio ad un viaggio ammaliante.
Il tutto ha inizio con un lieve movimento sulla sei corde ed una accenno mito- celtico pronto e veicolare verso un corposo riffing aperto e immediatamente connotato. Sonorità intrise di idee ben calibrate su di una vocalità narrativa pronta a giocare con riuscitissimi contro canti, spoken word e armonie a tratti impeccabili.
Proprio la traccia iniziale di questa Anima era appare sin dal primo ascolto una delle migliori composizioni della band torinese. Le striature Nightwish, piuttosto evidenti, si pongono come milestone di impalcature sonore non troppo discoste dal nuovo mondo metal, posto tra pulizia, edulcorazione armonica e, in questo caso, un buon lavoro in songwriting. Atto a mescolare melodie e tecnica esecutiva (Atropos), la notevole vocalità, a cui imputo solamente una non impeccabile pronuncia anglosassone, si mostra abile nel cavalcare guitar solo credibili ed un ben definito lavoro alle pelli. Proprio con brani come Wounded Healer ci si rende conto di come la band riesca a ricreare un suono profondo e mai banale, in grado di disegnare divergenti linea emozionali, proprio come accade nella lunga suite Humanist, finalmente sporca e granulare, figlia legittima del metal di inizio millennio, che di certo non potrà che piacere a chi ha vissuto con coinvolgimento la crescita di un movimento derivativo dell’heavy metal.
Il disco prosegue con le facili armonie di Innocence, che sembra guardare ad intuizioni più mainstream, per poi tornare su di un impianto sonoro più incisivo con Depths of self-delusion. Tra i passaggi più interessanti del disco, però, sembra palesarsi l’ottima Thumbs Up!, crocevia di stile e intuizioni diversificate, convogliate verso un cantato non troppo discosto dal Punk DIY, qui rivisitato mediante tasselli folli che comunicano tra loro attraverso tentativi di un esperanto musicale che, congiuntamente ai movimenti di A new life vanno a chiudere un disco ricco di sensazioni e groove.
Tracklist
1.Priestess Of The Ancient New
2.Atropos
3.Wounded Healer
4.Garden Of Sweet Delights
5.Humanist
6.Free Flight
7.Innocence
8.Dephts Of Self Delusion
9.Exile
10.Thumbs Up !
11.A New Life