Face to face – Bosso/Biondini live, Roma, 9 novembre 2018
Quel magico e sempre più rarefatto mondo popolato di musica dal vivo appassionante e straordinaria per il suo stesso esistere sta vivendo nuovi episodi
grazie ai concerti del duo Bosso-Biondini di questi mesi in cui scriviamo, concerti coi quali si ripropone peraltro una coppia che già nel 2012 fu “face to face” e di tale incontro diede anche un album alle stampe (attività anch’essa rarefattasi, col lettore che saprà sorvolare sull’estetica del verbo così posto).
Nel nostro caso si è trattato della tappa romana di novembre 2018, inserita nella programmazione del bel festival Flautissimo al teatro Vascello, che ci ha offerto oltretutto un’acustica splendida con strumenti caldi e vicini. Come nota di costume segnaliamo gioiosi che nessun telefono è squillato e nessun flash si è acceso durante lo spettacolo; sembra poco ma è segno che in una città grande a sufficienza è ancora possibile reperire qualche centinaio di persone civili. Poco, quindi, non è.
Il concerto: i due arrivano, si sistemano in un istante e partono; così faranno ad ogni brano, con una scaletta tirata e ben scelta che ha portato con sé il pubblico fino alla richiesta di tre bis più un’uscita di saluto. Piaciuti moltissimo, insomma, e i motivi ci sono eccome.
I nomi dei due protagonisti non richiedono alcuna introduzione da parte nostra che non sappiate già o che non sia reperibile sostanzialmente ovunque: si tratta di due indiscutibili fuoriclasse che, in modi piuttosto diversi, hanno trovato il loro modo di tenere assieme, individualmente prima che in duo, velocità e dinamiche, musicalità e tecnica, virtuosismo e calore.
Forse a Bosso più che a Biondini è toccato in passato il titolo poco gradevole di musicista da un milione di note al secondo; la poca gradevolezza viene da varie annate di jazz più o meno recente in cui questa velocità si è spesso associata ad esecuzioni algide, capaci di lasciar senza parole ma anche senza emozioni. Col tempo direi che molti degli scettici si son ricreduti a fronte di un artista che ha saputo percorrere strade diverse crescendo soprattutto nella capacità di raccontare attraverso la tecnica e l’esecuzione, arrivando a quella musicalità che, appunto, per più di qualcuno inizialmente era il punto debole. Bene: siamo arrivati a quest’attualità, ad un duo che, coi linguaggi diversi del jazz più “straight ahead” e delle sue contaminazioni mediterranee, vive e consegna al pubblico un’esperienza vitale e ricca, articolata, non priva di arrampicate da affrontare con ascolto attento ma carica di aperture, scambi, scorci sonori di musicale umanità in cui la sapienza e il controllo sullo strumento, praticamente indiscutibili per entrambi, lasciano spazi ed aria a paesaggi emozionali che danno poi il senso ed il valore più autentici a serate come questa, in una continuità di momenti velocissimi e taglienti o strappi di tempi tirati concatenati di fatto a minuti di curata ricerca della melodia, della nota da cantare proprio nel momento in cui arriva, del planare dove c’è pianura.
Il teatro Vascello e l’organizzazione del festival hanno arricchito il live con luci assolutamente adeguate ed un’acustica precisa ed avvolgente, accompagnando l’uscita degli spettatori col desiderio di avere qui, quasi al centro esatto di roma, ancora tanta musica come questa, con artisti come questi. Eccezionale.