Esmen “Tutto è bene quel che finisce”, recensione ed intervista
Incipit
Quando Paolo Naselli Flores mi ha proposto di recensire Tutto è bene quel che finisce, ultima fatica degli eSmen, non ho avuto nessun dubbio. Così, ancor prima di sentirne l’anteprima, avevo deciso a scatola chiusa di occuparmi personalmente del disco, sicuro di non dover affrontare un buio rischioso. L’osservazione di questa mia convinzione nasce qualche lustro addietro, quando, quasi per caso, incontrai la magnifica voce di Fabrizio Gelli alle prese con una tribute band. Sin dalle prime note mi innamorai artisticamente di quel frontman introverso e convincente all’unisono. Da allora la mia strada da articolista musicale ha più volte incontrato la poliedricità artistica di Fabrizio, sino ad approdare oggi a questa recensione, che non poteva non essere corredata anche da un intervista.
Il disco
Date le premesse, le mie aspettative (alte) potevano rimanere disilluse…ed invece gli eSmen hanno colto nel segno. Il terreno fertile è di certo rintracciabile nella genesi iniziatica della band, che dopo molto lavoro e un’intensa armonia di intenti approdano al primo full lenght. Nove tracce di raffinato alternative rock di stampo lo-fi. Capace di coniugare l’indie al pop rock di stimolante sviluppo.
Esempio manifesto di questa tipologia di arte è, senza troppi dubbi, l’introduttiva Settembre e Campomoro , riflessiva, posata e gentile nella sua intelaiatura di giochi sonori ben riusciti. La traccia, dalle sfumature baustelliane, offre un ottimo guitar solo d’outro, fiore dell’indie poppeggiante, disossato dalle talvolta elitarie presenze alternative. Il filo sottile che trascina con sé la musicalità del gruppo, prosegue con 2011, in cui disincantati tasti si uniscono ad una sezione ritmica accorta e senza sbavature, in buona armonia con la linea di cantato, che a tratti riporta alla mente il Morgan solista. La drammaturgica chiusura anticipa poi Justice, da cui il crescendo beckettiano porta al sound di Quasi immobili. L’aria diluita e pacata richiama l’acrobata della cover art, che sposa alla perfezione la traccia migliore del disco. I tratti a china sono definiti da un testo che parla di come ci si ritrova ad essere acrobati, quasi immobili sull’orlo di un dolore, riflettendo sulla possibilità e sulla forza che un uomo può mostrare in quelle situazioni disorientate dalla sofferenza, riuscendo a rimanere in stabilità su di un sottile filo sospeso sull’ignoto.
Il disco viaggia poi sui binari indie pop con la scanzonata Lou, che diverrà probabilmente La cuore di tenebra dell’ensemble genovese. Note piacevoli ed easy listening che si interpongono a partiture più intimiste, come nella preziosa illusione di Quando tutto sembra, morbida suite semi acustica, dalle cui sonorità particolari fuoriescono effluvi di musica non convenzionale. Se poi con Non sento niente il gruppo offre un lato delicato del proprio cantautorato, definito attorno ad archi e posatezza minimalista, è vero anche che la chiusura Di mattina , regala all’ascolto una sognate bolla di note, capace di viaggiare tra le nuvole del tempo in maniera genuina e sognante, dapprima ovattata per poi maturare in una serie di passaggi dominati dalla ritmica e da un riff semplice ed efficace,
Un disco che trapela amore e grande cura dei particolari, veicolo dotto di emozioni e sensazioni musicali pure e convincenti.
Tracklist:
1. Settembre e Campomoro
2. 2011
3. Justice
4. Quasi immobili
5. Lou
6. Quando tutto sembra
7. Non sento niente
8. Un desiderio inutile
9. Di mattina.
L’intervista
1. Pariamo come mi consuetudine dal nome…Perché eSmen? Cosa significa e perché la e iniziale è minuscola?
Esmen è una parola greca che significa siamo. Per noi è stata un’evoluzione, un simbolo di crescita. Da ragazzini io e Gino, il batterista, avevamo una band che si chiamava UK ESMEN. Dal greco Ouk Esmen, non siamo. Sono passati molti anni da allora. Abbiamo voluto mantenere il contatto con il nostro passato e affermare che ora, rispetto ad allora, abbiamo un’identità musicale che abbiamo voglia di far conoscere.
La e minuscola è un vezzo mutuato dai dEUS, band che adoro. Per anni è stata un elemento grafico rappresentativo della band. Attualmente abbiamo molto lavorato sull’immagine e la utilizziamo meno, ma mi fa sempre piacere notare che ancora viene utilizzata.
2. Dalle prime apparizioni al festival delle periferie e al Milk genovese è passato molto tempo, cosa è successo da allora ad oggi?
Sono successe molte cose. Troppe per essere raccontate in poche righe. Volendo citare gli eventi più importanti dico che ora scriviamo in italiano e soprattutto che abbiamo superato la fase di sperimentazione un po’ autoreferenziale del primo periodo in sala prova. Ci siamo posti l’obiettivo di rendere la nostra musica più comunicativa possibile e abbiamo l’ambizione di elevare la cifra della nostra scrittura e delle nostre esibizioni live a livello di quelle delle migliori rock band italiane.
3. Nel 2008 avete ottenuto il premio Mei come miglior video, come è nata l’idea per “Song for Ced”?
Come mi è capitato di dire piuttosto spesso, la nascita del video di Song For Ced è una bella storia di amicizia. Quella che lega me e gli Esmen a Cedric Polignè. Ced è un video maker parigino. Nel 2003 iniziò a lavorare su un cortometraggio in animazione 3D all’epoca veramente all’avanguardia, soprattutto visti gli esigui mezzi con cui lavorava. Il soggetto era cupo e visionario: in una Parigi post atomica si raccontano le sofferenze, le paure, la tenerezza e la rabbia di un essere con la testa al posto della mano. Quando vidi il cortometraggio ne rimasi colpito e insieme a Danilo Palladini, tastierista della band, decidemmo di scrivere una canzone che doveva essere inserita nella colonna sonora. Per motivi tecnici non si riuscì ad inserire il pezzo nel corto e allora chiesi a Cedric di comprimere la storia per farci un videoclip. Inviai il video al PIVI quasi per gioco. All’epoca eravamo dei perfetti sconosciuti. Vincere fu una gioia ed una sorpresa. A noi è servito per capire che forse avevamo qualcosa di interessante da dire.
4. Dal punto di vista tecnico immagino che il video sia stato un corposo investimento sia di tempo che di denaro…vero?
Ni. Molto tempo, zero euro. Come dicevo, questo video clip è frutto di un’autoproduzione casalinga. Circa 3 anni di lavoro su un Pentium III con 512 Mb di RAM.
5. Come è avvenuto l’incontro con Cedric Polignè?
Cedric è un amico caro. Conosciuto quasi vent’anni fa in un paese della Corsica che sia chiama Campomoro. Io, lui e tantissimI altri amici francesi e italiani abbiamo condiviso 20 anni di indimenticabili vacanze insieme.
6. Cosa è cambiato negli eSmen dopo l’incontro con la Green Fog?
Per noi è stato un incontro fondamentale. Prima il progetto Esmen era un’idea, dopo l’incontro con la Green Fog si è materializzato ed è cresciuto. Soprattutto Mattia Cominotto è stato un punto di riferimento per molte fasi del progetto: l’arrangiamento del disco, la scrittura dei testi in italiano, la preparazione del live, il lavoro sull’immagine e anche la registrazione del videoclip del primo singolo del disco, Lou, da lui diretto e che speriamo di poter mostrare presto.
7. Dopo molti anni finalmente arriva il primo vero full lenght. Riascoltandolo cosa cambiereste?
- Ci abbiamo lavorato per cosi tanto tempo che sembra quasi impossibile pensare di cambiare qualcosa. Noi siamo molto contenti di come suona questo disco, figlio di un’evoluzione particolare. Il disco è nato come Ep e doveva contenere materiale registrato esclusivamente nel pc di casa mia. Mattia ha insistito perché invece fossero suonati da una band e da li si è partiti. L’evoluzione delle sonorità del disco hanno seguito di pari passo l’evoluzione della band. Io sono molto soddisfatto del percorso e del risultato.
8. Come molte band alternative o semplicemente underground anche voi siete partiti dall’inglese per poi approdare all’italiano. Perché?
Per noi cantare in inglese era importante soprattutto perché ci permetteva di esprimere bene nelle parti cantate le sonorità che eravamo abituati ad ascoltare. Quando si è pensato di iniziare a scrivere in italiano abbiamo vissuto un lungo periodo di travaglio, consapevoli della possibilità si potevano perdere alcune nostre peculiarità. Per questo abbiamo studiato e lavorato molto. Alla fine siamo convinti di essere riusciti a mantenere i nostri tratti caratteristici, aggiungendo una comunicatività che ad oggi è un fondamentale valore aggiunto dalla musica degli Esmen.
La differenza vera era che prima suonavamo per noi. Ora suoniamo per un pubblico che ci ascolta.
9. Osservando il vostro web site posso dire che chi ben comincia è a metà dell’opera però…pensi che in un futuro possiate far maturare il vostro sito? Quanto è importante internet per una band come la vostra?
Quel che sembra probabilmente l’embrione di sito più strutturato è in realtà una precisa scelta comunicativa: noi abbiamo scelto di fare una pagina semplice, con la speranza di veicolare nel modo più efficace la notizia dell’uscita del nostro disco d’esordio. In più stiamo cercando di integrare in modo intelligente tutte le risorse offerte dal web: concentriamo l’interazione con i fan sulla pagina Facebook, l’ascolto dei brani lo indirizziamo su Bandcamp, i video li pubblichiamo su You Tube.
10. Ascoltando “Tutto è bene quello che finisce” si percepisce una ciclotimia di sentimenti assestabili tra serenità ed inquietudine, Quali sono le influenze che subisci?
Io sono una persona capace di vivere emozioni molto profonde. Vivono in me contrapposizioni tanto forti quanto paradossalmente omogenee e coerenti le une rispetto alle altre.
Fino a poco tempo fa usavo la musica per esprimere la parte più intima e nostalgica del mio carattere. Ora ho imparato anche a esprimere il mio lato più leggero e spensierato.
Le canzoni degli Esmen raccontano di relazioni tra persone e veicolano inevitabilmente inquietudini di questo periodo buio ma anche, speriamo, il nostro modo di trovare momenti di leggerezza e riscatto.
11. I testi sono molto metaforici e sembrano sposarsi perfettamente con le figure retoriche rappresentate nella work art. La capacità per chiunque di poter volare o rimanere in contrappeso sul filo della vita come l’equilibrista della traccia 4. Quanto sono lontano dalla giusta interpretazione.
Io credo molto all’importanza dell’equilibrio. Quell’equilibrio che porta a vivere la nostalgia con gioia, che permette di non volere per forza connotare la frase tutto e’ bene quel che finisce come ottimista o pessimista, o di guardare con curiosità una bizzarra figura appesantita restare sospesa su un filo sottile, retto non si sa bene da cosa.
Nei nostri testi parliamo di sensazioni e di impressioni, raccontiamo lo stupore, l’amarezza e la voglia di riscatto, senza la velleità di raccontare verità assolute, ne tantomeno di spiegare come si deve vivere o quel che si deve pensare.
12. Finiamo l’intervista parlando di live…
I live. Argomento quantomeno delicato in questo momento. Quanto è difficile suonare!!!! Mamma mia. Comunque.
Il 13 maggio presentiamo il disco da Feltrinelli a Genova e il giorno successivo saremo al Banano Tsunami, sempre a Genova, per una concerto/festa insieme ad amici e fan. Poi abbiamo in programma concerti a Pavia, al Festival delle Periferie, una bella trasferta in Puglia e si spera di concludere per molte altre date tra giugno e luglio. Stiamo organizzando anche uno live in streaming presso i rinnovati studi della Green Fog. Per maggiori informazioni fate sempre riferimento al nostro sito www.esmen.it