Elepharmers “Weird tales from the third planet”, recensione

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Una band che suona stoner rock: desert sound grooves dalle digressioni psichedeliche ; così si legge nell’incipit biografico degli Elepharmers sorprendente powertrio cagliaritano, luce di sonorità intercalate tra sensazioni sixty e stoner sound anni’90. Un trainante e (soggettivamente parlando) meraviglioso groviglio di note, che tendono a non trascurare sporcizia blues e rock vintage, pronto ad aprire un varco sonoro ben arrangiato nella sua arte cripto visionaria.

Il disco, promosso dalla Go down Records, si mostra al suo pubblico attraverso le linee grafiche di una cover art perfetta nel suo voler metaforizzare una reminiscenza Orwelliana, in cui l’uomo, non più schiavista carnefice, finisce nelle proprie gabbie. L’accuratezza estetica, voluta dal gruppo, si concretizza ulteriormente nel booklet-poster che, richiamando stilistiche retrò, finisce per dimenticare (ahimè) i testi, visualizzabili però dall’official web site (http://elepharmers.wordpress.com/lyrics/).

Nascoste dietro al dipinto di Andrea Cara, ritroviamo un debut, che debut non sembra. Otto tracce dai suoni corposi e ribassati, in cui il sound appesantito funge da fulcro alla struttura portante dei brani, che, pur volendo appoggiarsi a kyussiane intuizioni, vivono di luce propria, proprio come dimostra l’iniziale riff di Stargazer, i cui suoni distorti e sapienti vengono supportati alla perfezione dalla sezione ritmica pronta a sfiorare l’isterismo moderato inEndless Summer. Il riuscito stoner arriva a guidare sensibili cambi di rotta dall’aurea post grunge, mediante intarsi vintage, che si fondono in un inatteso animo orientaleggiante, per poi divergere in concezioni oniriche, dilatate al servizio di lunghe tracce ammalianti.

Tra le tracce più interessanti possiamo annoverare le corde stoppate di The preacher, il cui cadenzato andamento mette in risalto le toniche del basso, ed i toni cupi di The valley, a tratti rasserenati dal sopore proto-funky e da un riuscito guitar solo. Non mancano poi approcci easy (Sailing by Sight e Downtown in the morning) né trame lineari (ma al contempo profonde) di Tiger Mozquitos, in cui ritroviamo intuizioni “One minute silence”.

Insomma…un disco reale e vivo, che sarà la delizia di chi ha amato Volcano dei Ojm e di chi trascina i propri movimenti al suono di QOTSA e Three eyes left.

Tracks:
01 – Stargazer
02 – The Preacher
03 – Downtown in the Morning
04 – Endless Summer
05 – Sailing by Sight
06 – The Valley
07 – Dragonfly Pilot
08 – Tiger Mozquitos