Editors – In This Light And On This Evening. recensione

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Meglio di un certo punto non si può arrivare. La pretesa di tutte le band è quella di arrivare sempre più lontano di quanto avessero fatto nel disco precedente, ma capita, a volte, che questo passo più lungo della gamba sia diretto verso qualcosa che mostra dei lati nascosti di un progetto che sembrava, invece, sempre indirizzato verso una determinata direzione. Logico che, una volta assunto un certo stile, la band, per la conferma, continui verso quella linea raggiungendo risultati sempre uguali, ma degni di un ascolto più commosso e attento ai testi, ma è comunque vero che, arrivati al punto di saturazione, essa voglia maturare artisticamente e donare al proprio pubblico un lavoro nuovo. Da qui partirà o una nuova era, oppure una piccola prova senza troppe pretese. Gli Editors hanno fatto la loro scelta e si chiama: “In This Light And On This Evening”.

Reduci dall’incredibile successo del precedente “An End Has A Start”, la band inglese ha deciso di regalare, insieme a un tour non stop, un nuovo album con un titolo più lungo e con tane nuove sorprese che, se si ascolta il singolo “Papillon”, non si possono capire. “In This Light And On This Evening” è un album che vuole porsi in una posizione altra rispetto al passato, muovendo i suoi piedi in direzione di un suono più elettronico e concentrato sulle tastiere, indiscutibili protagoniste. Il cambiamento lo si può vedere, assolutamente, già dalla copertina che mostra, finalmente, dei colori variegati, quindi molto lontani dal monocolore dei precedenti lavori.

Si inizia con la title track che mostra, già dal primo ascolto, un nuovo modo di fare musica degli Editors semplicemente attraverso l’uso massiccio, cosa veramente anomala, di un sintetizzatore e di una base derivata da esso per poi sforare in un finale completamente legato a delle sonorità rudi, come precedentemente detto dalla stessa band. Ma ecco, improvvisamente con l’ascolto di “Bricks And Mortar”, la reale novità: le tastiere che, nonostante facessero delle brevi comparse anche nei lavori precedenti, qui sembrano essere loro a guidare la band piuttosto che la chitarra, il loro strumento base. Possibile che sia soltanto un errore, ma anche con “Papillon” si ha la sensazione che ci si stia allontanando dalle origini, finchè non si torna, all’improvviso, verso un brano che rende inconfondibile il sound della band ( “You Don’t Know Love” ). Ecco, però, che, quando si pensava che si poteva stare tranquilli di essere tornati al punto di partenza giunge di nuovo la tastiera come guida rendendo la sua presenza incredibilmente fastidiosa, ma questo è merito anche della canone “The Big Exit”, completamente distante dagli Editors. Il tutot, purtroppo continua con il brano successivo ( “The Boxer” ), il quale possiede uno strano intro, ma poi rende il tutto, verso il finale, più gradevole e meno fastidioso di quanto si pensasse. Queste ultime sperimentazioni possono essere ricollegate a “Eat Raw Meat = Blood Drool”, un brano con una sonorità elettronica che mostra come , anche gli Editors, possiedano una Drum Machine.. In ultimo sono presenti “Like Treasure” e “Walk The Fleet Road”, le quali ci riportano, ancora un volta indietro di qualche anno fino a mostrarsi molto simili la prima a “papillon” e l’altra a “Well Worn Hand” ultima traccia dell’album precedente.

Oltre al cd è possibile acquistare un piccolo EP, con 5 canzoni scartate, noto come: “Cuttings 2”; i brani che si possono trovare sono: “This House Is Full Of Noise”, “I Want A Forest”, “My Life As A Ghost”, “Human”, “For The Money”.

The Back Room” e “An End Has A Start” puntavano molto sui riff ripetuti della chitarra o si concentravano molto sul pianoforte suonato dal cantante Tom Smith, il quale poneva l’attenzione su testi altamente ambigui, ma che sapevano trasportare la mente dell’ascoltatore in un mondo creato dalla pura poesia della sua voce. Questa volta il tutto sembra mantenere quel senso di apertura dei dischi precedenti, ma, in più, sembra far straripare un senso di pura oscurità come se ci si fosse “imbarcati” in qualcosa che sia al di là di qualsiasi aspettativa e nella quale ci si muove attraverso l’utilizzo degli giusti strumenti che meglio rendano questa condizione di disagio. D’altro canto gli Editors hanno sempre mostrato al pubblico un loro lato ambiguo e cupo che ha fatto in modo che diventassero famosi da “Fingers In The Facotories” a “The Racing Rats”; qui si parla di altro e bisognerebbe vedere quanto c’è rimasto del loro passato e cosa indica a loro il presente.

Da non sottovalutare, poi, le grandi doti canore, notevolmente migliorate, del cantante Tom Smith che presta la sua voce ad una maggiore forza interpretativa.

In This Light And On This Evening” è un album che non si capisce in che direzione voglia andare, ma possiamo aspettarci soltanto un’evoluzione migliore da una situazione di stallo a metà strada tra l’incredibile perfezione dei lavori precedenti e un futuro ancora da scrivere.