Dee Dee Bridgewater – Red Earth
Ancora una jazzista afro-americana alla ricerca delle sue radici. Questa volta si tratta nientemeno che di Dee Dee Bridgewater, vocalist di Memphis, Tennessee, una delle maggiori cantanti jazz contemporanee, che alle spalle vanta progetti musicali assieme a Dexter Gordon, Dizzy Gillespie, Max Roach, Sonny Rollins e Ray Charles.
Come molti altri artisti le cui radici affondano e si perdono nell’oscuro passato della tratta degli schiavi tra i bordi dell’Atlantico, anche Dee Dee si è affidata infine al suo feeling, e ha scelto di farsi idealmente adottare dal Mali, il cuore della civiltà mandinga nel centro dell’Africa occidentale, una terra da cui nei secoli sono stati strappati milioni di giovani per essere deportati nei campi di cotone del sud degli Stati Uniti, catturati dai commercianti neri di schiavi degli imperi della costa e rivenduti a inglesi, francesi, portoghesi e spagnoli, prima che la tratta finisse definitivamente nel corso del XIX° secolo.
Il Mali a cui si è rivolta Dee Dee, e che continua ad affascinare il mondo intero, è un luogo archetipico, fatto non solo di caratteristiche geografiche, come il rosso della sua terra, il vento che viene dalle dune del nord e il grigio argento delle acque del fiume Niger, ma anche e soprattutto del modo di relazionarsi e stare insieme della gente, che è calorosa, sorridente, mite ed ospitale, ma al tempo stesso forte e orgogliosa della sua cultura vasta e antica.
La musica tradizionale del Mali è uno dei grandi tesori culturali dell’umanità, e ogni volta che un musicista euro-americano vi si avvicina finisce con l’esserne assorbito, risucchiato dai suoni, dai ritmi e dalle armonie delle antiche canzoni. Così è avvenuto anche a Dee Dee, sbarcata a Bamako assieme ai suoi musicisti e portata via dalla corrente dei griot bambara e malinke che la hanno accolta nel loro mondo.
Red Earth è così principalmente un disco di musica tradizionale mandinga che ospita la splendida voce della Bridgewater, i cui virtuosismi e inflessioni jazz hanno soprattutto il merito di correre rispettosamente sui sentieri delle antiche tradizioni africane.
La schiera dei musicisti africani che partecipano al disco è davvero imponente, e comprende la maggior parte dei principali esponenti della scena musicale maliana contemporanea. Accanto alla Bridgewater c’è il tastierista Cheick Tidiane Seck, protagonista dell’evoluzione della moderna musica del Mali sin dai tempi degli Ambassadeurs di Salif Keita e coordinatore in passato di altri progetti di ibridazione, come Sarala assieme ad Hank Jones. Alla voce di Dee Dee si alternano quelle dei veterani Kassemady Diabate, Fatoumata Mama Kouyate, Kabine Kouyate e Tata Bambo Kouyate, delle star del Wassoulou Oumou Sangare e Ramata Diakite e delle emergenti Mamani Keita e Amy Sacko. Alla composizione dell’ensamble tradizionale partecipano virtuosi del calibro di Yahkaba Sissoko, Toumani e Mammadou Diabate alla kora, Basekou Kouate e Moriba Koita al n’goni, Lansine Kouyate al balafon, Djelimady Tounkara alla chitarra, Zoumana Tereta al soku, ali Wague al flauto peul e Habib Sangare al bolon. La strepitosa sezione di percussioni ospita Baba Sissoko, “Petit” Adama Diarra e Lamine Tounkara, rispettivamente a tama, djembe e doundoun. E questo solo per citare i più famosi. Accanto agli africani suona in punta di piedi la band di Dee Dee Bridgewater: Ira Coleman al basso, Edsel Gomez al piano, Minino Garay alla batteria e alle percussioni.
Red Earth comincia con una splendida versione dello standard Afro Blue di Mongo Santamaria, seguito da un lungo elenco di brani tradizionali rivisitati e riarrangiati per l’occasione, tra cui Bani, una versione maliana di Ballake dei Bembeya Jazz cantata assieme a Kassemady, Djarabi assieme ad Oumou Sangare, Bambo e Massani Cissé dal repertorio bambara, quest’ultimo in una superba versione blues.
Red Earth, la terra rossa che accomuna il Mali e il Tennessee in una sorta di fratellanza ideale rinnovata, è un album entusiasmante e ricco di feeling, una scelta sicura per chi ama l’Africa, il Jazz o anche entrambi. E’ un disco che rappresenta uno scambio fecondo, linfa vitale per la jazzista americana, visibilità e opportunità per dei grandissimi artisti africani in buona parte poco conosciuti dal circuito dello show business. Un altro passo su un sentiero tracciato, che sta portando la musica malinke sempre più vicina al centro dell’attenzione del mondo intero, un posto che senz’altro si merita.
Brani:
1. Afro Blue
2. Bad spirits (Bani)
3. Dee Dee
4. Mama Don’t Ever Go Away (Mama Digna Sara Ye)
5. Footprints
6. Children Go ‘round (Demissenw)
7. The Griots (Sakhodougou)
8. Oh My Love (Djarabi)
9. Four Women
10. No More (Bambo)
11. Red Earth (Massane Cissé)
12. Meanwhile
13. Compared to What