Death SS

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Credo che non ci sia nulla di casuale nelle decisioni di Steve Sylvester, nom de plume di Stefano Silvestri, deux ex machina di una tra le più controverse band italiane: i Death SS. Non è casuale di certo l’uscita ufficiale di questa nuova release ( la data 6 giugno 2013 corrisponde al numero della bestia 6-6-(2+1+3=) 6) e forse neppure il lasso di tempo trascorso tra Il settimo sigillo e l’inattesa Risurrezione; infatti sono 7 gli anni di attesa, un numero mai fortuito, che da sempre è ritenuto magico e misterioso, pronto, in questo caso, a ricollega il nuovo corso della band con la frattura temporale avvenuta proprio con The Seventh Seal.

Questo nuovo disco si presenta come un ulteriore passo in avanti nella saga curata dal negromante del rock, qui accompagnato da Glenn Strange al basso, Al Denoble alla sei corde, Freddy Deliorio alle tastiere e Bozo Wolff alle pelli. Infatti, sin dal primo sguardo, questo riuscito Resurrection porta con sé una curata sinergia comunicativa, che si colloca all’interno di un crocevia lineare, richiamato dal felice ritorno all’antico logo e dall’inusuale sviluppo grafico. Difatti, grazie alla mitologica matita di Emanuele Taglietti, l’impostazione grafica da un alto ci riporta tra le pagine delle Origini dei Death SS (http://www.music-on-tnt.com/reportage/articolo.php?id_articolo=1148&artista_gruppo=Steve%20Sylvester%20e%20Gianni%20Della%20Cioppa), e dall’altro funge da catalizzatore iconografico per un booklet curatissimo, sia nei contenuti sia nel layout definitivo.

Il disco, racchiuso in un opaco digiopack, si apre con i sentori di un lontano dance floor oscurato dalle nebbie nere che segnano il ritorno della band (…and now i’ve come back, i fought with the devil and broken our pact). La traccia, già apparsa sulla pellicola dei Manetti Bros, convince nel suo moderno approccio al mondo heavy, andando a ripescare sensazioni industrial e spezie Trent Reznor. Le armonie che si creano attorno ai pesanti riff si abbracciano alla perfezione con sviluppi sintetici che riescono ad ampliare lo sguardo verso nuovi orizzonti.

Con The Crimson Shrine si ergono invece sinfoniche spezie gotiche, in cui la potenza e la profondità dei suoni colpisce sin dal primo ascolto. Il brano, ispirato all’opera di Aleister Crowley, offre nel suo spazio interessanti espansioni sonore, che si assestano nello spoken word pronto a disallinearsi a femminei back voice ed ai guitar solo. Il fondatore del moderno occultismo ritorna poi con Star in Sight e Dionysus, goth-dark sound disteso e diluito su strutture tipiche degli anni ’80, rivisitate nella seconda parte da impalcature inquiete, risultando forse troppo ancorata al deja ecù. Il giusto sentiero è pero ripreso nell’immediato con Eaters, voluta dal regista Uwe Boll. L’impostazione si dipana in maniera perfetta tra angoscia iniziatica e impostazioni vicine al nuovo mondo metal. Il ritmo mantiene alta la dinamica sonora e, nonostante un chorus perfettibile, riesce con i suoi ottimali cambi direzionali a carpire l’attenzione dell’ascoltatore, anche grazie alla splendida chiusura.

Tra i pezzi meglio riusciti annoveriamo senza troppi dubbi Ogre’s Lullaby, da cui fuoriescono sensazioni di claustrofobica inquietudine orrorifica. La distorsione della sei corde e la pressione vocale che subisce una funzionale teatralizzazione del suo esporsi, rappresentano elementi cardine di una composizione che, inevitabilmente, ci riporta al Dario Argento anni ’70, attraverso una ricercata angoscia espressiva.

Il viaggio nella resurrezione continua poi con il riff corposo di Santa muerte, ispirata al culto della Donna Sebastiana e Precognition, che potrebbe piacere ai fan del Reverendo Manson, grazie all’impostazione del suono molto vicino al metal easy di ultima generazione.

A chiudere le macabre danze è infine Bad Luck un sarcastico classic rock’n’roll in cui la semplicità è dedicata a tutti coloro che nel passato hanno pensato alla band come un elemento nero portatore di malasorte. Una sorta di divertissement, atto di chiusura di un disco d’alto livello che, nonostante la sensazione di carente amalgama tra i suoi brani, offre un piacevole collage di emozioni pronte a percorre un viatico musicale rinnovato nel migliore dei modi.

Track Listing
01. Revived
02. The Crimson Shrine
03. The Darkest Night
04. Dyonisus
05. Eaters
06. Star In Sight
07. Ogre’s Lullaby
08. Santa Muerte
09. The Devil’s Graal
10. The Song Of Adoration
11. Precognition
12. Bad Luck